TORO Web - Il calamaio osceno di San Giovanni in Galdo
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Il calamaio osceno di San Giovanni in Galdo
Lo scritto che presentiamo ha pochissimo a che fare con gli sfottò di campanile e molto con la realtà storica, originalissima, di cui per fortuna si conserva qualche non disprezzabile traccia, che porta a un rituale popolare che ha sollecitato la curiosità di eruditi locali e studiosi di levatura assoluta.




Si racconta che il diavolo non abbia molta simpatia per il calamaio. E si capisce. Con l'inchiostro si possono smascherare e fissare su carta le sue nefandenze e nello stesso tempo tessere le lodi al Signore. Cose che il diavolo non sopporta.

Vecchie miniature medievali lo deridono, dipingendolo rannicchiato orribilmente dietro a un cespuglio o a un masso nell'inutile tentativo di rubare il calamaio che l'aquila portava giornalmente a San Giovanni, quando l'Evangelista era intento a scrivere l'Apocalisse sull'isola di Patmos.


San Giovanni a Patmos di Hieronymus Bosch
Qui il diavolo è un grosso scarafaggio che ha in animo di rubare il calamaio con un arpione,
mentre nella miniatura precedente è un mostro alato che tenta il furto con un retino.



Più ridicolo e imbarazzante è il bernoccolo che gli procurò Martin Lutero. Superstizioso e spavaldo, il monaco era ossessionato dal diavolo che si arrogava il diritto di suggerire gli argomenti contro il papa e la Chiesa di Roma. Finché un giorno, stufo della martellante ispirazione, non reagì scagliando il calamaio contro il suo cattivo maestro, la cui cattivissima figura è ricordata ai visitatori del castello di Wartburg, in Germania, da una persistente macchia d'inchiostro sul muro.




Venendo in tempi più vicino a noi. Tra i dispetti del demonio a San Giovanni Bosco non mancava quello di rovesciargli l'inchiostro per impedirgli di redigere le Regole dei Salesiani:
    "Rabbioso perché il prete gli rapiva le anime che lui tentava e le conduceva verso la luce, Satana cercava in tutti i modi di ostacolarlo: rumoreggiava in solaio impedendogli di dormire, faceva rotolare enormi pietre invisibili per provocare quanto più fracasso possibile cercando di spaventarlo. Mentre il sacerdote scriveva le regole dei Salesiani, il Maligno cercava di ostacolarlo rovesciandogli di continuo l’inchiostro, oppure quando cercava di dormire gli strappava le coperte dal letto e glielo faceva sobbalzare, per impedirgli di prendere sonno, e gli mandava anche apparizioni di bestie feroci o mostri orrendi”.


San Giovanni Bosco in una foto scattata a Torino nel 1880


A San Giovanni Rotondo, invece, il diavolo non disdegnava di imbrattare d'inchiostro le lettere indirizzate a Padre Pio, al fine di rendergliele illeggibili:
    “Il nemico non vuole quasi abbandonarmi più, mi bussa continuamente. Egli cerca di avvelenarmi la vita con le sue infernali insidie. Si dispiace sommamente perché io ve le narro. Mi va suggerendo di tralasciare di narrarvi ciò che passa fra me e lui, e mi insinua di narrarvi piuttosto le buone visite; essendo, dice lui, le sole che possono piacervi ed edificare. – …l’arciprete, reso consapevole della battaglia di quegl’impuri apostati, intorno a ciò che riguarda le vostre lettere, mi consigliò che alla prima vostra lettera che mi fosse pervenuta, l’andassi ad aprire da lui. Così feci nel ricevere la vostra ultima. Ma aperta che l’ebbimo la trovammo tutta imbrattata d’inchiostro. Sarà stata anche questa una vendetta di Barbablù? Non posso mai credere che così l’abbiate spedita, anche perché vi è nota la mia cecaggine. Le lettere scritte in principio sembrano illeggibili, ma dietro che vi ponemmo sopra il Crocifisso si fece un pò di luce tanto da potersi leggere, sebbene a stento…”
    (Lettera inviata a padre Agostino il 18 novembre 1912).



Padre Pio intento a scrivere


Ed eccoci finalmente al diavolo di San Giovanni in Galdo. Ed è strano che dell'episodio che si ripeteva anno per anno le fonti scritte non parlino e quelle orali si limitino a qualche fugace accenno. Ne parla, invece, Luigi Alberto Trotta, letterato della vicina Toro, che, scrivendo a fine Ottocento dei Misteri di Campobasso, accenna ad altre due sacre rappresentazioni molisane: il San Giorgio che ammazza il dragone a Mirabello Sannitico e, per l'appunto, la decollazione di San Giovanni Battista a San Giovanni in Galdo. In quest'ultimo caso, da buon cattolico qual era, il Trotta si limita a sottolineare la meraviglia e il riso del pubblico, davanti a una trovata farsesca che, benché non proprio in linea con una scena sacra recitata durante la solenne festa del Patrono, sconfigge una volta per tutte il diavolo, seppellendolo nel ridicolo.


Luigi Alberto Trotta, letterato di Toro, accenna al diavolo di San Giovanni in Galdo
in una sua opera sui Misteri di Campobasso



Per la sua caratteristica non comune, la trovata non è sfuggita alla curiosità di Francesco Torraca, dantista di fama mondiale, il quale nei suoi Studi di storia letteraria napoletana (1884), la inserisce tra le "Reliquie del Dramma sacro". E, dandola per estinta da poco o in via di estinzione, la descrive in questi termini:
    "S. Giovanni in Galdo. Il 29 Agosto si poteva godere, non è molto (e forse si può ancora) di una strana scena. Sopra un palco comparivano Erode, Erodiade, San Giovanni Battista e il Diavolo. L'ultimo istigava Erodiade a chiedere la testa del Battista. Erode faceva condannare il precursore da un tribunale, poi firmava la sentenza intingendo la penna nell'a... del Diavolo, tra gli schiamazzi degli spettatori, non sai se più maravigliati o compiaciuti di quell'atto".


Francesco Torraca (1853-1938), dantista di fama mondiale.


In effetti, è davvero singolare la beffa sangiovannara, che si spinge fino a trasformare il diavolo stesso nell'odiato calamaio, per giunta con una metamorfosi che più sconcia non si può immaginare. Ma la si può tranquillamente esplicitare con le parole di Luigi Alberto Trotta: "Erode, nel sottoscrivere la sentenza, intinge la penna in una parte recondita del diavolo, che per tale occasione gli serve da calamaio".

Nota: Si prega di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons
Postato il Venerdì, 14 maggio 2010 @ 00:00:00 di giovanni_mascia
 
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