TORO Web - Zia Rosa la portabandiera (Toro che non c'è più)
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Zia Rosa la portabandiera (Toro che non c'è più)
Nell'occasione della festa della donna (a proposito auguri a tutte le donne, toresi e no), ci sembra bello ricordare zia Rosa, la protagonista di un episodio rimasto famoso nella storia locale. Primo, perché è uno dei rari episodi di protesta corale della popolazione. Secondo, perché a capeggiare la popolazione fu per la prima e forse unica volta una donna.



Si era all'indomani della prima guerra mondiale. Quattro anni di guerra, le campagne disertate dalle braccia giovani, seicentomila morti lasciati tra le montagne alpine del nord est, l'economia nazionale in ginocchio. Si faceva letteralmente la fame. Soprattutto dopo che i nostri contadini si erano visti requisire il grano e gli altri cereali.

Con la fame cresceva il malcontento. E con il malcontento i mugugni e i brontolii. Ma tutto finiva lì. Piazza del Piano rigurgitava di toresi affamati, senza che nessuno si decideva a fare niente. Nessuno, finché una bella mattina Zia Rosa non prese decisamente l'iniziativa e, pungolando gli uomini, buoni a nulla, non invitò la popolazione alla rivolta.

- Brava Rosa. - Fu un muoversi compatto, un gridare all'unisono.
- Tutti con Rosa.
- A morte gli affamatori del popolo.

Una folla enorme (il paese allora aveva quasi il doppio della popolazione attuale) fece dapprima ressa sotto il Municipio, per permettere a Rosa di prelevare la bandiera, e quindi, al grido di "Tutti dal Prefetto a Campobasso", un fiume di donne, uomini, giovani, ragazzi si mise in marcia dietro al tricolore per andare a reclamare il pane per sé e per i loro familiari. Mai come allora il paese parve animato da un solo grande cuore, un'anima immensa di condivisione.

Arrivati alla Masseria Calicagno, qualche donna del corteo si ricordò che aveva lasciato la stalla aperta, qualche altra la cuttora sul fuoco. E l'una prima, l'altra poi, fecero marcia indiertro. Altre e altri le seguirono. Alla Crocella di Campodipietra, già un centinaio di toresi arrabbiati mancavano all'appello. Alla Fontana della Botte, nei pressi del torrente Ruviato. erano rimasti solo poche decine di toresi ad animare il corteo di protesta. A Campobasso, con Rosa arrivarono non più di sei o sette volenterosi del migliaio circa che erano partiti da Toro.

Pochi ma buoni, si consolavano. E ancora di più si consolarono, quando si videro accolti benissimo da un plotone di poliziotti e carabinieri, allertati dal fonogramma partito immediatamente da Toro per avvisare il Prefetto dell'arrivo di centinaia e centinaia di facinorosi toresi. A poliziotti e carabinieri non parve vero trarre un sospiro per lo scampato pericolo e risistemare le pistole nel fodero e le carabine sulle spalle. Rosa che sventolava il tricolore e i sei o sette contadini accaldati che erano con lei certo non incutevano molta paura.

Fu così che i militari, dicendo loro di volerli scortare dal Prefetto con tutti gli onori, li accompagnarono, invece, presso le regie carceri di via Cavour. Accadde allora, quello che non credo accada troppo spesso. Una donna con la bandiera tricolore a spalla e un manipolo di concittadini varcarono la soglia delle patrie galere, per rimanervi a meditare sulla volubilità dei compaesani pronti all'armiamoci, partiamo... ma andate avanti voi che noi teniamo famiglia.

Nessuno mosse un dito per loro. Anzi a dirla proprio tutta, mentre i suoi compagni tornarono a casa dopo qualche giorno, la povera Rosa si fece sei mesi di carcere a Pescara per aver asportato dalla sede del Comune di Toro il vessillo nazionale.
Giovanni Mascia

Nota: Informazioni di Antonio Di Gironimo
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Postato il Lunedì, 07 marzo 2011 @ 23:00:00 di giovanni_mascia
 
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