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Il tratturo, per non dimenticare
La nostra amica Musa Pensosa ci ha fatto pervenire uno scritto molto interessante dedicato al tratturo e alla transumanza, completato da un gradevole limerick in dialetto. Gli anziani potranno riandare con la mente ai tempi passati, i giovani apprendere di usanze ormai scomparse, che hanno fortemente inciso sulla vita e sulle abitudini dei nostri antenati.

Cara redazione,

in quella che oggi sembra voler essere l'era del nuovo e del tecnologico a tutti i costi, si rischia di mettere nel dimenticatoio ricchezze inestimabili del passato, come i "Tratturi" e la "transumanza", cancellando così inesorabilmente una pagina importante della storia economica, sociale e culturale del nostro e di altri paesi che quelle realtà hanno vissuto.
L'articolo apparso su Repubblica e riportato da voi sul sito, mira a sensibilizzare l'opinione pubblica proprio su questi due temi, oggi di grande attualità e il lungimirante progetto di rendere quella del Tratturo una realtà protetta, un nuovo Parco Nazionale, non può che ricevere il mio plauso e quello di tutti coloro che hanno a cuore non solo la salvaguardia dell'ambiente, ma la storia umana che in quell'ambito è stata scritta.

Due volte l'anno, nella tarda primavera prima del gran caldo e in autunno, puntualmente si vedevano passare sul Tratturo della fondovalle del Tappino i "morre di bbrezzjse" e questo era sempre un evento straordinario per i toresi.
Dopo pecore e capre, si vedevano sfilare per ultime anche le mucche e i vitelli e i cani, sempre vigili, seguivano le "morre" passo passo.
Durante tutto il tragitto, le "morre" d'animali giovani viaggiavano sempre separatamente, pronte per essere vendute, una volta arrivate a destinazione, ad allevatori o macellai.

Ogni "morra" era guidata da quattro, cinque pastori che portavano con sé anche cavalli e asini, utili per poter affrontare più agevolmente quel lungo viaggio, nonché per il trasporto di viveri, abiti e tutto l'occorrente per fare il formaggio laddove questi decidevano di fermarsi per poter riposare durante la notte. Li caricavano, inoltre, di paletti di legno e rotoli e rotoli di reti di canapa, che servivano per allestire recinti improvvisati, ma fatti con estrema ingegnosità e destrezza, entro i quali poter riunire il bestiame e dormire più tranquillamente. Appena giunti sul posto individuato per la sosta, infatti, i "bbrezzjse" provvedevano subito a piantare quei paletti, attorno ai quali fissavano le reti di canapa.

I pastori abruzzesi si accampavano di solito negli stessi posti, in terreni confinanti con il Tratturo, di proprietà di loro amici "frontisti" (proprietari dei terreni confinanti con quest'ultimo) che ogni anno attendevano il loro arrivo preoccupandosi di portargli dal paese finanche il pranzo o la cena.
Molti "frontisti" di Toro hanno dato, allora, la loro disponibilità per l'accampamento di quelle "morre" nel proprio terreno, mettendo spesso a disposizione anche i ricetti che vi si trovavano; e per l'uso di quel terreno sono stati sempre ripagati generosamente con formaggi e ricotta fresca dai "bbrezzjse", prima che questi lasciassero il luogo per rimettersi in cammino.
Inoltre la sosta di tutti quegli animali contribuiva a rendere fertili i terreni che li avevano gentilmente ospitati, con piena soddisfazione dei proprietari.
Si ripartiva all'alba del giorno dopo: in primavera verso la montagna e in autunno verso la Puglia.
Spesso i "bbrezzjse" erano costretti a regalare ai "frontisti" o a svendere per motivi di praticità (semplicemente perché impossibilitati a portarseli dietro), capi di bestiame azzoppati durante il viaggio estenuante ed era un'occasione, questa, che non si lasciava sfuggire chi voleva fare buoni acquisti, comprando a pochi soldi animali che, in breve tempo riusciva quasi sempre a rimettere in piedi, dopo aver provveduto pazientemente a fasciare e a sorreggere con stecche rigide gli arti feriti.

Durante la stagione fredda quei folkloristici pastori erano soliti portare, per proteggersi dal freddo, delle pelli di pecora intorno alla vita ed enormi ombrelloni a fasce circolari coloratissime, per riparare dalla pioggia sé stessi e gli asini o i cavalli su cui montavano. Ed era davvero pittoresco vederli passare con quegli ombrelli in mano, mentre si udiva, anche da molto lontano, il suono assordante dei campanacci, messi al collo degli animali perché se ne potessero sorvegliare meglio i movimenti.

Si racconta che un allevatore, un certo Cristoforo, è arrivato a possedere trentatrè "morre". E pensare che una sola "morra" contava, a quei tempi, circa quattrocento capi di bestiame! E' ovvio, poi, che i grandi allevatori erano anche proprietari di vasti appezzamenti di terreno, sia in alta montagna, sia giù in Puglia.
A maggio, poi, si svolgeva a Foggia una grande fiera del bestiame, che richiamava lì anche molti macellai di Toro, i quali ogni volta vi si recavano per acquistare a buon prezzo e facendo ottimi affari, agnelli, capretti e vitelli da carne. La razza abruzzese, infatti, era rinomata per la sue ottime carni cosiddette "pesanti", sostanziose. Un elemento distintivo delle pecore di quella razza era un gran ciuffo di lana ricadente simpaticamente sulla fronte.

Lungo tutto il Tratturo erano presenti i molti termini che servivano a fissarne i confini, lunghe pietre lavorate e arrotondate in cima, su cui erano incise, come ricorda bene qualcuno, due iniziali: S e P.
Si racconta che spostare volutamente un termine era punibile pesantemente; qualcuno azzarda a dire che questo reato prevedesse anticamente addirittura la pena di morte.
Sia per il passaggio, che per il pascolo sul Tratturo, era obbligatorio pagare una tassa fissa allo stato. Col passare degli anni il Tratturo, sempre più in disuso, è stato spesso preso in affitto dai "frontisti" toresi e adibito a terreno da coltivare o anche solo a pascolo e non si escludono, come ci ricorda l'amico Giovanni Mascia, casi d'appropriazione illecita del suddetto Tratturo, da parte di privati cittadini.

Mi sono premurata di fissare sulla carta "ricordi" che ritengo possano essere degni di attenzione perché, come tutti gli altri, rappresentano un piccolo tassello nella storia del nostro paese. Per l'occasione ho composto un limerick dedicato al Tratturo di Toro e ai "bbrezzjse" che sono felice di proporvi qui.

Distinti saluti

Musa pensosa>


U Trattúre

Passavene i Bbrezzjse pu Trattúre
che’ tanta mórre e cu passe secúre
e pu’ sènza sparagne,
‘ngrassavene ‘a campagne
tutte 'lli bèstie spase pu Trattúre.


IL TRATTURO. Passavano i (pastori) "bbruzzesi" per il Tratturo (di Toro) / con tante greggi e con passo sicuro / e poi senza (fare) economia, / ingrassavano (concimavano con i loro escrementi) il terreno / tutte quelle bestie accampate lungo il Tratturo.
Postato il Venerdì, 29 giugno 2007 @ 14:41:24 di giovanni_mascia
 
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