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La croce nera e la fine del mondo nel 1904 (Toro di una volta) |
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Il racconto di un evento storico che vide i i toresi in preda al panico. Il paese intero per alcuni interminabili, drammatici minuti fu un pullulare di preghiere, pianti, disperazione. Agli occhi dei nostri antenati, la fine del mondo si annunciava imminente...
San Mercurio 2013. Tardo pomeriggio in piazza del Piano. Si avvicina l’amico e attacca il suo racconto, con una domanda assai curiosa:
- Il 1904 a Toro, che ti dice?
- Sinceramente, non mi viene in mente niente…
- Ci fu la fine del mondo.
- Eh, addirittura?
- Sì, la fine del mondo. In cielo comparve una grossa croce nera, mentre un tuono che non smetteva mai di rumoreggiare aggiungeva paura a paura. I toresi, al vedere quella croce nera e a sentire quel vummiro che non finiva mai, si buttarono in ginocchio e si dettero a percuotere con i pugni nel petto… Poi la croce e il rumore si allontanarono fino a scomparire lontano. Ma ecco allora un’altra croce nera, ancora più grande, ed ecco ancora più forte il tuono che l’accompagnava. Poi altre croci e altri vummiri: un inferno senza fine. Per le strade, nei campi, nelle vigne, i toresi, maschi e femmine, grandi e piccoli, tutti in ginocchio, a piangere e a pregare. Finché non arrivò Zi Pasqualuccio U Cullése…
- E chi era?
- Il nonno di Santuccio U Feriere.
- Ah, allora un antenato di Sandro?
- Eh sì. E cominciò a urlare verso i compaesani: “Stubbiti! Stubbiti che nno siete atri! Si chiammano rìioplani. Rìioplani!”. Intanto lo stormo di aeroplani si era allontanato definitivamente dal cielo di Toro. Non per questo, Zi Pasqualuccio si privò del piacere di aggiungere a beneficio dei compaesani sventurati: “A Bilogna, quando ho fatto il soldato, ho visto un tritorio pieno di rìioplani! Pirciò, di che tenete paura, stubbiti? Sono i rìioplani!”.
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Nota
Temo che la trascrizione letterale del racconto non renda giustizia alla schiettezza popolare dell'informatore né al clima di placida euforia che si respirava quest'anno a San Mercurio, finalmente festeggiato come Cristo comanda, grazie alla riapertura della chiesa a undici anni dal terremoto del 2002. Tuttavia la storia, che è ritornata a galla per il piacere di ritrovarsi in piazza, lascia in piedi diversi dubbi. Il primo riguarda l'anno, il 1904. Perché proprio quell’anno se a quella data i sacri testi ci dicono che di rìioplani in Italia e nel resto d’Europa non se ne erano ancora visti? Non è che l'episodio accadde dieci anni dopo, nel 1914? Inoltre, Pasquale Nazzario fu Nicola, zi Pasqualuccio u Cullése, nel 1904 s'incamminava a toccare i cinquant'anni, Non riesce molto agevole credere alla sua testimonianza sul campo pieno di rìioplani, visto a Bilogna quand'era soldato, immaginiamo 25, 30 anni prima, comunque in pieno Ottocento. Si trattava di un militare di professione, o è il caso di trovare un altro protagonista al racconto? I dubbi e le domande invitano a vagliare cum grano salis il nostro resoconto. In generale, le fonti orali, fondamentali e ineludibili quanto si vuole per la riocostruzione del nostro passato, vanno maneggiate con cura.
Nota: Si prega di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons.
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Postato il Mercoledì, 28 agosto 2013 @ 09:15:00 di toroweb |
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