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Sorprese nella chiesa riaperta/ 6 - Poveri capitelli e fonte battesimale!
I pezzi più antichi e più pregiati della nostra chiesa, e di tutto il nostro paese, sono il fonte battesimale (duemila anni circa) e i due capitelli medievali (mille anni circa). Probabilmente sono quelli usciti peggio dalla sistemazione susseguente al recente restauro della chiesa..



Nel cappellone di San Michele, si può ammirare il reperto storicamente e artisticamente più interessante della nostra chiesa: una tinozza di pietra con bassorilievi rappresentanti scene di caccia o pastorali e con un'iscrizione sepolcrale latina, posta in basso nella parte non visibile.




Una trattazione completa del manufatto porterebbe molto lontano, Qui basterà dire che l'iscrizione latina, riconducibile al II o III secolo dopo Cristo, attesta che l'urna fu ordinata da Saturnino, economo di Modia Munanzia per la sua ottima moglie Giunia Voluttà, libertà di L. Giunio.




Non si sa dove né in quale epoca il reperto fu rinvenuto né in quale secolo fu portato in chiesa per essere adattato a fonte battesimale. Si sa, invece, che nel 1997, dopo che per oltre un ventennio, per motivi di sicurezza, era rimasto in giacenza presso i magazzini della Soprintendenza a Campobasso, il reperto fu restituito all'ammirazione dei fedeli toresi e sistemato su due blocchi di legno, come testimoniano queste foto di Sandro Nazzario scattate a suo tempo.





Insieme al fonte battesimale, arricchiscono il patrimonio storico e artistico della chiesa due capitelli medievali gemelli, databili orientativamente ai secoli XII-XIII. Hanno la forma di un tronco di piramide a base trangolare (cm 25 xs 60 x 60), con gli stipiti formati dalle teste enormi di tre pesci che lungo le pareti intrecciano ognuno due code alle code degli altri. Li abbiamo chiamati capitelli, ma con qualche probabilità sono le basi su cui potevano essere poggiate le colonnine di pietre che sorreggevano le acquasantiere della chiesa crollata con il terremoto del 1805.


La foto di uno dei due capitelli "medievali" impreziosisce la copertina del volume di Giovanni Mascia
dedicato al dialetto e alle tradizioni di Toro (Campobasso 1994)



In occasione della recente riapertura della chiesa, qualcuno ha avuto l'idea, di certo sorprendente, di sistemare il fonte battesimale con iscrizione romana risalente a circa duemila anni sui due capitelli medievali, risalenti a circa mille anni fa. A parte il tremendo anacronismo, è venuto fuori un ibrido, esteticamente discutibile, non fosse altro che per le differenti e contrastanti tonalità delle pietre usate: tendente a un caldo d'ambra la vasca, freddi e grigi i capitelli. Insomma, il parto di una zoologia fantastica nuova che ha unito due esseri diversi, appiccicando al corpo dell'uno le zampe dell'altro. Una commistione che non valorizza né il fonte battesimale né i capitelli, ma al contrario li confonde e li deprezza sensibilmente agli occhi del visitatore. La foto sono assai eloquenti e non occore aggiungere altro.






I duemila anni del fonte battesimale fanno a pugni con i mille anni dei capiitelli medievali


Detto questo, non ci sembra di chiedere l'impossibile, se invitiamo chi di dovere a restituire ai singoli reperti la loro precisa identità. Tanto più che non costa assolutamente nulla:
- risistemare il fonte battesimali su due basi neutre, come i blocchi di legno su cui erano poggiati prima della chiusura della chiesa a causa del sisma del 2002;
- riassegnare ai due capitelli una sistemazione consona, per esempio in bella evidenza ai lati dell'altare di San Michele, dove erano già ben sistemati undici anni fa.

Nota: Foto Sandro Nazzario e Carmine Felice
Postato il Lunedì, 21 ottobre 2013 @ 00:13:24 di giovanni_mascia
 
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Antonio Picariello: - Poveri capitelli e fonte battesimale! (Voto: 1)
di Giovanni il Martedì, 22 ottobre 2013 @ 09:13:37
(Info Utente )
Come era prevedibile, la mutazione genetica operata nella chiesa di Toro, che ha partorito un "mostro" informe, con il corpo del fonte battesimale, sorretto dai capitelli in funzione di zampe, è stata fortemente stigmatizzata da studiosi e critici d'arte (Tommaso Evangelista, Dante Gentile Lorusso, Franco Valente e altri). Si leggano i loro pareri su facebook. Clicca e leggili

Qui annotiamo i dotti rilievi, che su nostra richiesta ci ha fatto pervenire il critico d'arte Antonio Picariello, che ringraziamo di cuore.

        Caro Mascia,
        ti ringrazio per avermi chiesto un parere su una questione davvero ambigua e allo stesso tempo sostanziale per capire il senso semantico dato dalla invenzione dei codici. È chiaro in questo caso che si apre, credo con un tantino di superficialità, un quesito che riguarda non solo la decisionalità dei soggetti addetti ai ruoli di poter fare e imporre scelte, ma sfiora per intero un argomento molto caro all’idea della gestione dei musei. In Francia per esempio sarebbe impensabile che un singolo soggetto senza il vaglio di una commissione di esperti (di solito un architetto, un critico e un artista o un gruppo scelto di uomini e donne appartenenti a queste categorie disciplinari) potesse decidere di “ accoppiare” due manufatti prestigiosi che testimoniano l’opera umana differita l’una dall’altra da un millennio e farne un corpo unico senza un criterio filologico o scientifico cui gli utenti possano in seguito riferirsi per assorbire e percepire, appunto, codici espressivi così differenti.

        Qui il supporto che la creatività artigianale aveva concepito nel contesto del proprio tempo e della propria cultura, ci induce a credere per buon senso logico, che fosse stato ideato con un senso diverso e una diversa funzione messaggera profanata incautamente dall’attuale collocazione di piedistallo a supporto di una forma contenitore (altorilievo o bassorilievo che si voglia) con ornamenti figurativi che raccontano simbolicamente scene di caccia e pastorali.

        È un po’ dire che, usando un ossimoro personalizzato, che si aggiunge alle figure pagane di un Giulio Romano il segno trionfale metafisico di un De Chirico o di un Savinio per farne un unico blocco paradossale e patafisico caro alle invenzioni dell’arte “concettuale” di un primitivo Kounellis o addirittura, per prenderla in simpatia, si può riferirla alla magnifica Patafisica di Baj. Il che se fosse dichiarata arte contemporanea, non sarebbe male.
        Un caro saluto
        Antonio Picariello



L'accrocco artistico dell'arcivescovo (Voto: 1)
di Giovanni Rossodivita (giovianniross159@gmail.com>) il Giovedì, 24 ottobre 2013 @ 22:21:28
(Info Utente )
L'accrocco artistico dei due manufatti di pregio, "diversamente antichi", conservati nella nostra chiesa, è forse lo strepitoso frutto del "congruo" impegno del nostro sindaco, e la sua creativa collaborazione con l'arcivescovo durante i lavori di ristrutturazione della chiesa? Ma la Soprintendenza alle belle arti di Campobasso è stata chiusa? Se ancora c'è, invece, batta un colpo!
Continua, purtroppo, la serie della "furia demolitrice" delle "sacre tonache" nel nostro paesello! Dalla "impronta artistica", che il nostro allegro padre guardiano Ireneo ha voluto lasciare, con estese pennellate di cemento grezzo, sugli affreschi nel chiostro del convento; alle "sacre picconate" del caro don Camillo sull'antico altare barocco della chiesa!
A proposito, quanto ci è costata l'ennesima ristrutturazione del tempio, che servirà a soddisfare le esigenze di fede religiosa (io la definisco: superstizione religiosa) di una piccola porzione di popolo di Toro, tempio, che rimarrà chiuso, o, desolatamente vuoto, per gran parte dei giorni dell'anno? Ma, in alternativa, l'ingente somma non poteva essere utilizzata per risolvere il problema primario del lavoro per i giovani disoccupati del nostro paesello?
Ma, tant'è, a noi semplici "pagatori finali", che, però, non contano un c...o, non resta altro che... piangere!
Giovanni Rossodivita


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