TORO Web - Terremoti e culto della personalità nelle lapidi della chiesa di Toro/ 1
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Terremoti e culto della personalità nelle lapidi della chiesa di Toro/ 1
Prima puntata. La chiesa del Santissimo Salvatore, con la sua grandiosa struttura alla sommità del cocuzzolo roccioso su cui sorge Toro, ha rappresentato un bersaglio contro cui si è accanita la furia dei terremoti lungo l'arco dei secoli. A testimoniarlo le iscrizioni e le lapidi che vi sono murate. A cominciare dal cartiglio in stucco che si ricollega al terremoto del 1688.




Toro, Chiesa Parrocchiale (Foto Peppino Garzone, Anni Novanta)


Del nostro paese è tristemente nota l’estrema sensibilità sismica, che tanti danni e altrettanti lutti ha inflitto alla popolazione.

Nei giorni 5 e 30 dicembre 1456, violentissime scosse di terremoto danneggiarono i paesi della provincia molisana. Sant'Antonino, arcivescovo di Firenze, copiato poi dal Summonte, dal Poli, dal Ciarlanti e da molti altri storici, enumera molti dei paesi distrutti e i morti. Toro è nella lista. Il sisma, che si ricorda appunto con il nome del Santo, vi provocò trentacinque morti e dové senz'altro gravemente danneggiare, se non addirittura abbattere, la chiesa parrocchiale.



Il passo di Sant’Antonino sulla distruzione e i morti che il terremoto 1456 provocò a Toro, anzi “Il Tuoro”,
e in altri paesi del Molise (tra cui Larino, Mirabello, Vinchiaturo...), ,
in Giuseppe Saverio Poli,
Memoria del tremuoto de’ 26 luglio del corrente anno 1805, Napoli 1806, p. 116



Toro venne abbattuto di nuovo dal terremoto del giugno 1688, che per fortuna non provocò morti. Un'idea complessiva dei danni sofferti non solo dalla chiesa parrocchiale, ma anche dalle altre chiese e dalle case, ci viene data da un atto, stilato il 17 agosto 1688 dal notaio Pietrantonio Mancini di Campodipietra e conservato presso l'Archivio di Stato di Campobasso. A due mesi e mezzo del disastro, tale Nicola Gammiero, “Architector et magister fabricator” di Ripalimosani, testifica e rende noto che,
    essendo stato richiesto dalli Magnifici del pubblico Governo della detta Terra di Toro a dovere riconoscere et apprezzare il danno patito in essa terra per causa del detto terremoto per la Venerabil Chiesa Madre, Campanile, per la Venerabil Chiesa della Santissima Annunziata, per la Venerabil Chiesa di San Mercurio, per lo Venerabil Monastero di detta Terra di Toro, e diverse altre case lese, roinate [sic] et affatto distrutte, fatta detta ricognizione et apprezzo a minuto, e con misura, ha ritrovato che per dette roine [sic] e lesioni fra mastrìa [sic], calce, arena, travi, travicelli, imbrici et altro di danno docati 6.556...
6556 ducati di danni. Una cifra enorme, difficilmente rapportabile ai tempi nostri, Per avere una idea della sua enormità, si pensi che a poco più di un secolo di distanza il governo borbonico, davanti al terremoto che nel 1805 abbatterà non solo la chiesa ma tutto il nostro paese stanzierà la somma, una vera miseria, di 50 sì cinquanta ducati.

Buona testimonianza della devozione torese per la chiesa parrocchiale è la circostanza che nel 1694, appena sei anni dopo il disastro, la chiesa era già stata completamente riaggiustata a cura dell'Università (Amministrazione Comunale), che vi spese novecento e più ducati. Lo precisa l'abate Orazio Minimi, il quale era stato incaricato dall'abate commendatario di Santa Sofia, il cardinale Benedetto Pamphili, a effettuare una ricognizione dei danni patiti per il terremoto dai beni di Santa Sofia. La visita avvenne il 17 giugno 1694. La relazione, molto interessante perché dà preziose informazioni su Toro, le sue chiese, e i suoi abitanti, è stata pubblicata nell'articolo A. Zazo, Aspetti del Molise: Toro nel 1694, in «Samnium», (1977) 220-222. Vi si legge, tra l'altro, che la chiesa “sta molto bene accomodata e fornita di ogni necessaria e abbondante suppellettile”.

Eseguiti i dovuti restauri, la chiesa e il suo altare maggiore (anch'esso dedicato al Salvatore) furono solennemente consacrati in data 8 settembre 1696, in obbedienza alle norme canoniche che prescrivevano di consacrare ex novo una chiesa, un altare o altro, ogni qualvolta essi fossero interessati da restauri radicali. Anche al presente è possibile leggere sulla volta della navata centrale, alla base della cupola, in un cartiglio finemente lavorato, tenuto da due putti, una iscrizione che ricorda la circostanza in termini davvero lapidari.





A.M.D.G.
ECCLESIAM HANC IN HONOREM SS.MI SALVATORIS
SOLEMNI POMPA DICATA
DIE VIII MENSIS SEPTEMBRIS MDCXCVI.

(A Maggior Gloria di Dio
Questa chiesa in onore del Santissimo Salvatore
con grande magnificenza fu dedicata
l’8 settembre 1696)

Come si vede, nessun culto della personalità, l’iscrizione non fa nessuna menzione, nemmeno di chi ha celebrato la cerimonia. E sì che si trattava di un principe della chiesa, il famoso cardinale Vincenzo Maria Orsini, arcivescovo di Benevento, feudatario di Toro, e futuro papa Benedetto XIII, come sappiamo dal verbale di consacrazione. Davvero altri tempi: tutta l’enfasi e tutto l’onore del cartiglio sono per la chiesa del Santissimo Salvatore.

(Continua)


(Liberamente tratto da Giovanni Mascia, La chiesa del Santissimo Salvatore a Toro, Edizioni Lampo, Campobasso 1997)
Postato il Venerdì, 20 febbraio 2015 @ 09:01:30 di toroweb
 
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