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Terremoti e culto della personalità nelle lapidi della chiesa di Toro/ 6 |
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Sesta puntata. L'iscrizione della campana rifusa nel 1916. Come abbiamo visto, la generosità della popolazione di Toro, di concerto con le sovvenzioni governative, aveva portato nel giro di un paio di anni al magnifico restauro e, nell’estate del 1916, alla riapertura al culto della Chiesa Madre, che era rimasta danneggiata e interdetta ai fedeli a seguito del terremoto del 4 ottobre 1913. Ma la cronaca di quell’anno di guerra e di carestia ci ha lasciato un altro segno tangibile della carità dei cittadini.
Fiumana di gente in una processione di San Mercurio di Inizio Novecento
È nota la devozione della popolazione di Toro per San Mercurio il suo Santo Patrono. I toresi lo hanno invocato sempre, specialmente in tempi di guerra, per implorare protezione per i figli militari, senza trascurare di tributargli i dovuti onori in occasione della tradizionale ricorrenza del 26 agosto, giorno della traslazione dei suoi resti da Quintodecimo a Benevento, per opera del principe Adelchi II nel 768 d.C.
Dal rendiconto delle celebrazioni ufficiali del 1916, in piena guerra mondiale, rileviamo il ruolo fondamentale che l’emigrazione aveva già assunto a trent’anni circa dalla grande ondata transoceanica di fine Ottocento. Delle 1546,25 lire raccolte, ben 505 lire, oltre un terzo del totale, furono raccolte tra gli emigranti in America. Notevole pure le rimesse, 147 lire, che i soldati inviarono dal fronte. Mentre, in paese furono raccolte 478,75 lire in grano e solo 175,5 lire in contanti, a dimostrazione, qualora fosse necessaria, di come la gran parte della popolazione continuasse ad attingere le sue risorse dall’agricoltura in una contesto economico arcaico, basato ancora sullo scambio e sul baratto piuttosto che sul contante.
Da fonti che oggi possono apparire curiose le restanti somme raccolte: 80 lire per l’affitto dei vestiti dei bambini portati in processione come dei piccoli San Mercurio, con elmi corazze e spade di latta, e 70 lire per il privilegio accordato ai devoti di portare a spalla la statua.
Un nugolo di piccoli San Mercurio con fascia, elmo e pennacchio in una processione di San Mercurio di Inizio Novecento
Non ci furono segni esteriori di giubilo e di festa, ma solenni funzioni religiose, l’imponente processione, il restauro della statua e la rifusione della campana grande, resasi necessaria a distanza di quasi un secolo dalla sua fusione.
Estate 1916. Ragazzini e donne curiose fanno ressa attorno alla campana rifusa, poggiata in Piazza del Piano, in attesa di essere risistemata sul campanile
Alla sua voce i cuori in ansia affidavano la speranza di uno scampanio di gioia annunciante la fine della guerra, e dello stillicidio dei telegrammi che con cadenza inesorabile arrivavano giorno dopo giorno ad annunciare a madri, padri, mogli, fratelli, figli, familiari, amici e paesani il decesso del loro congiunto al fronte, o per dirla con De André, dell’eroe che aveva ben meritato la “gloria/ d'una medaglia alla memoria”.
Estate 1916. Un momento significativo delle operazioni per risistemare la campana rifusa sul campanile
Sulla campana fu sbalzata a rilievo l'immagine di San Mercurio, accanto a quelle della Vergine Immacolata di San Nicola e di un busto del Salvatore. Pure a rilievo, fu apposta una iscrizione molto interessante:
FU FUSA A TORO DALLA FONDERIA MARINELLI DI AGNONE NEL 1828
È STATA RIFUSA IN AGNONE DALLA STESSA NEL 1916
A SPESE DI QUESTO POPOLO
PER CURA DEL PARROCO INTERINALE
DON ARCANGELO SANTILLO
Effige di San Mercurio sbalzata a rilievo sulla campana maggiore del campanile di Toro (Foto Luciano Marcucci)
Ad accollarsi le spese della rifusione della campana, ancora una volta "questo popolo", cioè il popolo torese, che già aveva provveduto in tal senso una novantina di anni prima, quando la campana era stata fusa in paese in occasione della riapertura della chiesa ricostruita, a distanza di 23 anni dal terremoto del 1805 che ne aveva provocato il crollo. Segno dei tempi, nel 1828 la fonderia Marinelli aveva trovato più comodo spostare le maestranze per fondere la campana sul posto, a Toro, anziché prepararla in fonderia e provvedere al successivo trasporto. Con ogni probabilità a influire sulla scelta furono lo stato delle strade di collegamento tra Agnone e Toro e i mezzi inidonei per il trasporto di un carico così pesante
Il sobrio dettato dell'iscrizione non è guastato più di tanto dalla menzione specifica al cosiddetto "parroco interinale", Don Arcangelo Santillo. Certo sorprende vedere riferita la menzione ad personam, che compare per la prima volta in una iscrizione di pertinenza della chiesa Madre di Toro, ad un supplente che non sarà mai insignito della dignità arcipretale e tanto meno della carica di parroco. In oltre tre secoli di storia documentata da fine Cinquecento a inizio Novecento, ce n'erano stati di santi e dotti sacerdoti, posti a capo del capitolo della Chiesa del Santissimo Salvatore, che avrebbero meritato di vedere il proprio nome eternato sul marmo o sul bronzo. Così va il mondo.
Bene, la campana rifusa nel 1916 è giunta ad oggi ancora integra. La sua sonorità inconfondibile, potente e melodiosa, continua a scandire le giornate dei toresi di Toro e il flusso di nostalgia dei toresi sparsi per il mondo. Si avvia a festeggiare un secolo di onorato servizio: cent’anni di scampanii festosi e rintocchi funebri, di rombi allarmati e squilli sereni, colonna sonora di una comunità che nonostante tutto, tra alti e bassi, continua a ritrovarsi e a riconoscersi all’ombra del campanile. O per dire meglio: du campanare
Il marchio della Fonderia Marinelli apposto sulla campana maggiore di Toro nel 1916 (Foto Luciano Marcucci)
(Continua)
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- Clicca e leggi la prima puntata: "Il cartiglio secentesco collegato al terremoto del 1688"
- Clicca e leggi la seconda puntata: "La lapide del portale che ricorda il terremoto del 26 luglio 1805"
- Clicca e leggi la terza puntata: "La lapide della scalinata di accesso 1885""
- Clicca e leggi la quarta puntata: "La lapide del campanile (1893)"
- Clicca e leggi la quinta puntata: "La lapide del terremoto 1913"
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Postato il Domenica, 22 marzo 2015 @ 23:00:00 di giovanni_mascia |
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