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Inno al fiume Tappino. Anzi alla Chiata Senzasangue |
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In questi giorni di solleone un inno al Tappino. Anzi alla Chiata Senzasangue che da decenni è solo un ricordo. Al suo posto i giganteschi piloni del viadotto della fondovalle Tappino. La Chiata Senzasangue era una sorta di paradiso incantato, un piccolo laghetto hawaiano, racchiuso tra un boschetto di pioppi, i campi di grano e le melucce verdi della riva.
Prima che le fogne trasformassero il fiume in uno scarico a cielo aperto, la chiata ha fatto da spiaggia, da mare con piscina incorporata, per i ragazzi di una volta, che non conoscevano le spiagge né il mare, né tantomeno le piscine. Nei caldi giorni d’estate, quattro salti a capaballe e ci si ritrovava (attenzione si parla solo dei maschi!), a sguazzare nelle acque fresche e correnti della Chiata. E pazienza se a sera, stracchi e strutti, toccava la salita a perdi fiato della costa per tornare in paese.
 Primi Anni Cinquanta, ragazzi toresi a ridosso della chiata Senzasangue. Secondo Giovanni Rossodivita a scattare la foto fu Don Camillo proprio nel 1950. Si riconoscono: in alto da sinistra, Nicolino Iacobacci (Angiuljne), Giovanni Rossddivita (di Emma), Peppino Grimaldi (Enedina), Giovanni Paternuosto (Sagrestano), Luciano Serpone e Michele Paternuosto (Sagrestano).
In basso da sinistra: Martinagelo Caruso, Alberico Rossodivita, Peppe Fracasso (Campanella), Nicola Iacobacci (Caporroni), Michele Fracasso (Carlone) e Filippo Salvatore (Crescinze).
Metà anni Sessanta, ragazzi toresi al fiume in compagnia del parroco Don Camillo Iacobucci. I ragazzi nati negli Anni CInquanta sono stati gli ultimi fruitori della Chiata Senzasangue
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Postato il Martedì, 28 luglio 2015 @ 00:00:00 di giovanni_mascia |
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