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Gli andirivieni del monaco |
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Un vecchio e santo monaco soggiornò nel nostro convento per alcuni mesi negli anni Cinquanta. Era molto dotto e spesso interloquiva con sagge citazioni...
Ma aveva problemi di salute, tra gli altri, quello dell’incontinenza urinaria, di cui non aveva mai proferito parola con alcuno, nemmeno col padre guardiano, perché se ne vergognava.
Aveva bisogno di un orinale sempre pronto allo scopo, che egli teneva sotto al letto della sua cella, non riuscendo a stare neanche un quarto d’ora senza doversi liberare, specialmente nel tardo pomeriggio.
Una sera, durante la novena di Sant'Antonio, il guardiano, che doveva recarsi in un convento vicino, gli impose di sostituirlo nella liturgia dedicata al Santo. L’incontinente cercò di svignarsela con qualche scusa, ma l'ignaro superiore gli ricordò con un rimprovero i doveri dell’ubbidienza.
La novena prevedeva la recita delle giaculatorie e di alcuni salmi, il racconto di alcuni miracoli del grande taumaturgo e lunghe preghiere, intervallate da canti tradizionali in onore di Sant'Antonio. Insomma, la cerimonia durava oltre un’ora. Così, per rimediare al suo grave problema, al monaco non rimase che il provvidenziale utensile, che sistemò in un angolo nascosto della sacrestia, per non dare scandalo in chiesa.
Ai fedeli non sfuggì l'andirivieni del celebrante che, benché coadiuvato solennemente da quattro chierichetti, ogni tanto rientrava in sacrestia in tutta fretta e poi sereno, solo dopo un minuto, ritornava composto sull’ inginocchiatoio dell’altare.
Fra Giocondo, che se ne stava dietro al coro a seguire la novena, strimpellando qualche nota sull’armonium per accompagnare i canti dei fedeli, non seppe resistere alla tentazione di capire cosa stesse succedendo. Quale non fu la sua meraviglia, quando scoprì il confratello prelevare precipitosamente da dietro alcuni grossi vasi per i fiori il suo vaso da notte, tirarsi su i paramenti sacri, e liberarsi dell’abbondante piscia.
Vistosi scoperto, il pio e dotto officiante si giustificò con il curioso con queste parole:
“Fratello, come penitente, corro presso un confessionale per liberarmi dei miei opprimenti peccati. Come incontinente, non posso che correre presso un pisciaturo per liberarmi della mia opprimente urina. Il confessionale svuota sacramentalmente la mia anima, il pisciaturo svuota materialmente il mio corpo, ed entrambi provvidenzialmente mi fanno sentire più leggero”.
Il figlio del fornaio
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Postato il Domenica, 28 ottobre 2007 @ 09:38:36 di giovanni_mascia |
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