La stizzella di caffè (Toro che non c'è più)
Data: Monday, 19 July 2010 @ 01:00:00
Argomento: Tradizioni e feste


L'amaro racconto di Nicola De Sanctis, pubblicato la settimana scorsa (I confetti del morto), mi ha fatto tornare in mente un episodio che ho sentito raccontare da mio suocero. Anch'esso ha per protagonista un vecchio povero. Così povero che il soprannome suo e della sua famiglia è passato poi a indicare ai toresi il povero per antonomasia e la povertà assoluta.



Eduardo De FIlippo mentre si versa una tazza di caffè in Questi fantasmi

Come spesso si legge nei libri e per fortuna succede altrettanto spesso nella vita, anche questo vecchio era sia povero che onesto. Al punto che una volta si rivolse alla guardia comunale, che stava facendo la contravenzione a un vicino di casa reo di aver gettato acqua sporca in mezzo alla strada, e pretese: Giacch'é quésse, famma pur'a mmé! Se è così, falla pure a me!

Sì, perché gettare in strada acqua sporca (e non solo acqua) a quel tempo era la norma, visto che di fogne non ce ne erano. Non era giusto che a pagare fosse solo il vicino di casa colto sul fatto. Volle la contravvenzione pure lui. E anche a voler credere ai maligni, secondo i quali quella contravvenzione il vecchio non l'avrebbe mai potuto pagare, restava la nobiltà dell'autodenuncia.

Al termine di una vita di fame, placata a volte sì e più spesso no con tozzi di pizza di grandinii e acqua, debilitato dalla malattia, il vecchio se ne stava a letto, tra i familiari rassegnati alla serena agonia, quandio emise quello che sembrò essere l'ultimo respiro. In realtà, farfugliava qualcosa, ma il tono flebile e incerto non permetteva ai presenti di capire bene cosa. I parenti e i vicini di casa si strinsero al suo capezzale e allora non ebbero dubbi. Era una premurosa richiesta quella che decifrarono sulle labbra del moribondo. Quasi l'ultimo desiderio del condannato a morte:
- Cafè, café! 'Na stezzélle cafè!

Non ricordo bene la conclusione di questa piccola storia. Mi piace credere, tuttavia, che una vicina di buon cuore abbia fatto in tempo ad approntare il viatico richiesto e che la morte non sia sopraggiunta con la più crudele e inopportuna velocità ma abbia pazientato il tempo necessario per non privare il poveretto della stizzella, della goccia di caffè, sospirata per tutta la vita.





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