La guarigione di un cieco torese (Toro che non c'è più)
Data: Friday, 27 August 2010 @ 19:24:04
Argomento: Poesie e racconti


In un volumetto di inizio Ottocento, si legge la storia di Luigi Trotta di Toro, cieco, che poi è tornato a riveder la luce del sole grazie a una operazione dal decorso davvero molto curioso.

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Storia Decimanona.

(20 Febbrajo 1828)


Luigi Trotta del villaggio di Toro in contado di Molise cieco con cateratta al destro da anni undici e nel sinistro da anni tre.

Incolpato di grave delitto era stato il Trotta condannato ad espiare le pene nel bagno dell'arsenale di Napoli ove l'umido, la fatica, ed il disagio lo menarono a soffrire de' gravi dolori nella fronte, e fin d'allora s'avvide incominciargli a mancare la vista nel destro occhio che crebbe man mano per essersi sottratto alla infissagli pena, e rifuggito in un bosco umido ed esposto alle intemperie e timori d'un profugo nel palpito di esser sopraggiunto. Rilegato poscia in Poggio Imperiale Provincia di Capitanata, l'annebbiamento del cristallino nell'occhio destro proseguì, e qualche anno dopo incominciò a manifestarsi nel sinistro ancora, quantunque abitasse poi l'aria salubre di quel paese.

Offriva in vedendolo un battito delle palpebre, una certa dilatazione nelle pupille, le cateratte erano di un verde molto tendente al fosco, poco discerneva i colori, tormentato sempre nella fronte da dolori or gravativi, ed or lancinanti.

Lo sottoposi all'estrazione operando prima colla sinistra mano; trovai l'occhio destro in quella calma che bramano gli oculisti per fare a medo loro, non così avvenne pel sinistro che fu mobile molto, e l*'infermo mostrò sentir del dolore, di che non aveva fatto il menomo risentimento nell'altro.

Messolo a letto con le solite prcauzionì, mentre tutto era regolare e nella massima calma, avvenne che un sorce ben grosso tre sere dopo passasse di sopra la fronte ed occhi dell'operato, il quale per avere una stanza più adattata e comoda si alloggiò in una casa disabitata, ove tali schifosi animali erano in abbondanza, e di molta familiarità. Bastò questo per destargli il dolore nel sopracciglio sinistro, e nel tirar le coltri la sera consecutiva, si dette un forte pugno sull'arco sopracciliare dell'occhio stesso, per cui i dolori furono più sensibili e durevoli. Siccome l'individuo era stato per l'innnanzi soggetto a siffatti dolori, così incominciò una certa alternativa, di modo che ora dolevagli la regione corrispondente al sopraorbitale dritto ed un'altra volta quella spettante al sinistro.

Qualche mignatta, delle pillole di giusquiamo, o belladonna, qualche purgantino, e la topica applicazione della soluzione di belladonna, o di giusquiamo stesso, furono gli ajuti tutti apprestatigli. Scovertolo a tempo opportuno mostrò tutto veder bene, come tuttavia or vede, soffrì solo una certa intolleranza alla luce nel solo occhio sinistro che durò ben poco ancora.

Gennaro Barracano, Saggio d'ecraxis, Napoli 1829, pp. 61-63.





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