Restaurato il Crocifisso del Latessa nella Chiesa del Convento
Data: Wednesday, 14 December 2011 @ 09:40:35
Argomento: Arte, artisti e artigiani toresi


Un'ottima notizia e un gesto da imitare. Riportato al primitivo splendore il grandioso crocifisso ligneo settecentesco di Carmine Latessa, uno dei gioielli artistici di quell'autentico scrigno d'arte che è il Convento di Santa Maria di Loreto a Toro.



Nei giorni scorsi è stato realizzato da Dante Gentile Lorusso un intervento di manutenzione al grandioso Crocifisso ligneo di Carmine Latessa esposto nella chiesa del convento di Toro.

Progetto importante che si è potuto realizzare grazie alla squisita sensibilità del nostro concittadino Luigi Tromba fu Pasquale, mentre il ponteggio è stato messo a disposizione e montato dalla ditta Basile di Campodipietra.

L'opera è stata riposizionata in perfetto equilibrio, che purtroppo aveva perso forse a causa di problemi strutturali dovuti al sisma del 2002, poi si è proceduto con la pulitura da enormi accumuli di polvere e sporco in genere, alla disinfestazione dagli attacchi di insetti xilofagi ed infine alla reintegrazione pittorica di alcune lacune.

Come si può vedere dalle foto scattate, prima e dopo la manutenzione, il risultato è semplicemente eccezionale: la scultura è stata restituita alla sua grandissima qualità plastica, un'opera meravigliosa e quindi davvero preziosa che si spera verrà tenuta sempre sotto controllo, in uno con tutte le altre stupende opere d'arte esposte in convento.

Sì perché Il gesto encomiabile di Luigi Tromba e della ditta Basile merita di essere emulato dai concittadini; per esempio, la stupenda tela della Deposizione, che ha subito guasti per umidità e infiltrazioni di acqua, potrebbe essere ripulita con pochissima spesa.





Due immagini in dettaglio del Crocifisso, deturpato dagli impressionanti accumuli di polvere



Particolare del Crocifisso restaurato. Impressionante il confronto tra prima e dopo



Ma chi era Carmine Latessa, l'autore del maestoso crocifisso torese?

Particolarmente significativi risultano due rogiti notarili ritrovati presso l’Archivio di Stato di Napoli da Ulisse Prota-Giurleo, i quali attestano la permanenza di Carmine Latessa nella bottega di Giacomo Colombo, per dieci anni di apprendistato.

Colombo, nato ad Este (Padova) nel 1663, è un personaggio importante nel panorama artistico partenopeo nei decenni a cavallo tra la fine del Seicento ed il secolo successivo, per l’indubbia qualità della sua produzione, ma soprattutto per aver costituito il tramite, nella plastica lignea, tra il gusto tardobarocco e quello più pienamente settecentesco. I

l primo rogito notarile è sottoscritto dallo zio di Carmine, il sacerdote Domenico Latessa, che fu allievo per otto anni del pittore campobassano Nicola Fenice, di cui era nipote, operò a Campobasso nel primo decennio del Settecento, e morì a Roma nell’ottobre del 1718. Nell’atto stilato dal notaio Giuseppe Barraccano il primo settembre a Napoli, si legge che D. Domenico Latessa, sacerdote secolare della Città di Campobasso, viene a convenzione con Giacomo Colombo scultore, per mettere a servizio per sette anni nella bottega del maestro, Carmine Latessa, figlio del fratello Cristofaro. Il giovane è obbligato ad assistere lo scultore in tutti i lavori leciti ed onesti, a non assentarsi senza la licenza del maestro, altrimenti lo zio è tenuto a pagare per ogni giornata di assenza cinque carlini e il nipote a recuperare nella bottega tutto il tempo perso alla fine degli anni di apprendistato. Inoltre, durante i prescritti sette anni, Carmine non deve commettere furti, né in casa né nella bottega di Giacomo Colombo, altrimenti il reverendo dovrà risarcire lo scultore di spese ed interessi. Infine, D. Domenico si impegna per i primi due anni a dare al nipote da calzare e vestire e nel corso del primo anno anche il vitto necessario. Per il resto del tempo di apprendistato toccherà a Colombo provvedere ai bisogni del giovane, e naturalmente a insegnargli la professione di scultura in legno, secondo l’ingegno e la capacità, e a fornirgli dodici pezzi di ferro per esercitare il mestiere e un vestito.

Nell’altro documento, stipulato nella capitale del Regno dal notaio Matteo Grimaldi il 10 marzo 1712, alla presenza del Magnifico Giacomo Colombo scultore di Napoli e Carmine Latessa “Campibassi oriundus Terrae Rateni”, si attesta la volontà del giovane artista oratinese di rimanere ancora al servizio del maestro per altri tre anni, fino al primo settembre del 1715.

Nel Libro dei morti di Oratino si legge che Carmine Latessa muore all’improvviso, alle due di notte del 19 settembre del 1719. Forse non aveva raggiunto nemmeno i trent’anni, ma dobbiamo accontentarci della sola ipotesi dal momento che, disattendendo alle precise disposizioni canoniche, il redattore della nota ha proceduto sommariamente, omettendo l’età del defunto.

A dispetto della morte precocissima, che gli impedisce di cogliere i frutti maturi del suo talento e del prestigioso apprendistato, Carmine Latessa si segnala come uno dei maggiori scultori del settecento molisano. Le poche opere riconducibili all’artista denotano l’aderenza ai moduli figurativi della statuaria barocca napoletana e una grande vivacità plastica.

Nella chiesa di Santa Maria di Loreto di Oratino, che le carte d’archivio etichettano come extra moenia, perché ubicata fuori dell’abitato, troviamo la Madonna del Rosario, una statua lignea realizzata da un giovanissimo Latessa, un tempo di pertinenza dell’antico ospedale cittadino intitolato a Santa Maria di Costantinopoli, poi della cappella del Palazzo Ducale. L’opera presenta un interessante qualità dell’intaglio e della resa plastica, e un piacevole senso del colore.

A Latessa è riconducibile l’Addolorata, realizzata intorno al 1717 per la chiesa di Santo Stefano a Limosano. La statua faceva parte di un Altare eretto in onore della Beata Vergine dei Sette Dolori dalla Famiglia Longhi e consacrato dal Cardinale Orsini, Arcivescovo di Benevento, il 20 luglio 1721. Nella realizzazione dell’opera, di notevole qualità plastica per il modellato corposo del panneggio, il giovane discepolo mostra di aderire completamente al linguaggio del maestro, rifacendosi ad una scultura di analogo soggetto realizzata da Giacomo Colombo per la cattedrale di Altamura.

Alla produzione del Latessa appartiene un imponente Crocifisso conservato nella chiesa del convento di Santa Maria di Loreto a Toro, un’opera di notevole tensione espressiva che risulta interessante per la ricerca anatomica e il modo di condurre il panneggio e i capelli del Cristo, trattati in maniera filiforme fino a raccogliersi in ampi ricci sulle spalle.

Coeva è probabilmente la Madonna del Rosario della chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore dello stesso centro, forse l’ultima opera che lo scultore oratinese scolpì a Napoli nel 1719, anno della sua precoce scomparsa.


Carmine Latessa, Madonna del Rosario, 1719, SS. Salvatore, Toro

La scheda su Carmine Latessa è tratta da Dante Gentile Lorusso, Uomini virtuosi. Il caso Oratino nella geografia culturale Molisana, Campobasso 2002.

Foto di Dante Gentile Lorusso



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