C’era una volta la vigilia di San Mercurio (Toro, ieri e oggi / 4)
Data: Saturday, 25 August 2012 @ 09:00:00
Argomento: Riceviamo e pubblichiamo


Un'altra bella testimonianza di Luca Castiello che si sofferma sul clima di festa e di magica attesa che si respirava una venitna di anni fa, ai tempi della sua infanzia. L'inevitabile raffronto con i nostri giorni è impietoso, Oggettivo, perché vissuto in prima persona, e impietoso,
In calce, la doverosa replica di Luca alle precedenti osservazioni di Giovanni Rossodivita.




Erano questi giorni di festa e di gioia per tutti.

Al mattino, quando il sole usava ancora una certa clemenza nei confronti dei toresi, uscivo di casa con l’animo lieto e con il cuore aperto a nuovi incontri: era infatti quello il periodo dell’anno riservato, come per una legge mai scritta, al rientro in “patria” dell’entusiasta popolo degli emigranti che tornava a casa per impreziosire la nostra comunità come fanno i diamanti su un anello d’oro. Erano queste persone che provenivano da ogni parte del mondo, anche molto distante da qui, e che affrontavano grandi sacrifici e ingenti spese per tornare a visitare la propria terra, i parenti, gli amici. Incontrarle per strada generava un sorriso immediato e spontaneo, e sincero era il saluto anche nei confronti di chi non si aveva mai avuto modo di conoscere.

A metà mattinata, quando ormai si poteva cominciare a dubitare della bontà del sole, il suono melodioso delle campane della chiesa madre lanciava un severo monito a tutti: era vicino il giorno della festa di S. Mercurio, nessuno poteva lasciare spazio alcuno alla tristezza ed alla noia.

Quando già dalle case straordinari e unici profumi di vivande colmi dell’amore di madri e nonne quanto mai generose invadevano via di Sotto e via di Sopra, molti degli uomini del paese, conquistato durante l’anno il meritato riposo, si incontravano nei bar di Piazza del Piano e nel bar di Peppe: qui, sulla “loggia”, si apriva agli occhi uno spettacolo riservato a pochi fortunati. Sulla destra, attraversando con lo sguardo le case sotto il “sopportico”, si scorgeva maestosa la torre campanaria con il suo orologio; un po’ più avanti, accostandosi alla ringhiera, la ricchissima campagna ti sorrideva dal basso con i suoi mille suoni e mille colori. L’orizzonte era lì, a portata di mano: era sufficiente volerlo e lo si poteva accarezzare. Un incontro tra amici non poteva avvenire in uno scenario più bello.

A pranzo ci si ritrovava con la famiglia, ma soltanto per poco tempo perché c’erano tantissime cose da fare. C’erano quelli indaffarati nell’organizzazione dei tanti tornei organizzati dalla Pro-Loco: schizzavano da una parte all’altra del paese come delle scintille impazzite, di giorno e di notte; davano l’impressione di non fermarsi mai neppure per mangiare e dormire e sembrava quasi impossibile fermarli per un solo attimo. C’erano gli anziani del Comitato Feste: persone sagge e buone che spesso ci rimettevano di tasca propria per allietare i momenti di festa dei concittadini. C’era la comunità parrocchiale arroccata attorno all’indimenticabile Padre Ottaviano Priore (il quale si accendeva di una luce particolare in questi giorni) e all’instancabile Enzo Mascia che guidava i bravissimi ragazzi del coro con maestria e pazienza. C’erano gli iscritti al circolo scacchistico “Il Barbacane” che, sotto la direzione del presidente Giovanni Mascia, davano il cuore per organizzare un torneo all’altezza dei grandi giocatori non residenti che vi avrebbero partecipato.

C’erano i fedelissimi chierichetti che si allenavano per la Santa Messa più importante dell’anno, quasi uno spettacolo teatrale per intensità e scenografia. C’erano le anziane che in chiesa intonavano il canto dedicato a S. Mercurio con una voce che non avevano mai avuto prima. C’erano i giovani toresi che salivano sulla torre campanaria in vista del giorno della processione: era loro il compito di strapazzare a mani nude le campane da un senso all’opposto per far sentire ancora più forte al santo patrono la voce del suo popolo. Quei giovani credevano così tanto in quel che facevano che diventavano un tutt’uno con quelle campane. C’erano tanti altri giovani e bambini che tempestavano di urla e risa viale San Francesco al punto che le case intorno sembravano dover essere spazzate via da un momento all’altro. Trovare posto per sedersi su un gradino di queste case era una impresa disperata.

C’erano poi tante altre persone che rendevano straordinari e irripetibili quei giorni di letizia che anticipavano il ventisei agosto: in realtà non è forse l’attesa della festa, la festa stessa?

Erano quelli giorni di intenso giubilo che una intera comunità stretta in un unico abbraccio aspettava per un lungo anno.

Erano giorni con tanta luce e con notti brevi, pure allietate fino allo spuntar del sole.

Erano giorni in cui i suoni erano più chiari, i colori più vivi, il cielo più azzurro, la gente più buona.

Erano giorni in cui, un torese, andava a letto e non riusciva a smettere di sorridere.

Luca Castiello



Post scriptum per Giovanni Rossodivita

    Carissimo Giovanni,

    ho letto con particolare interesse il tuo intervento perché so che sei persona intelligente e attenta.
    Per quanto riguarda il mio presunto pessimismo, in realtà credo di aver fotografato in modo fedele una realtà particolarmente complicata e deludente com’è quella torese attuale. In relazione poi alle frasi che tu hai reputato “esagerate”, ho utilizzato volutamente toni molto forti e romanzati per cercare di scuotere il più possibile le coscienze dei miei concittadini che, da diverso tempo, sembrano assopite oltremisura. Come puoi rilevare da questo mio ultimo racconto (basato su fatti realmente accaduti e quindi inconfutabili), tra l’altro meno romanzato del precedente scritto, la differenza tra la Toro di circa vent’anni fa e quella odierna è eclatante e non può che rattristare.
    Comunque sono contento che tu, anche da lontano, continui ad interessarti alle vicende che coinvolgono il tuo paese e ti fai parte attiva di dibattiti che si prefiggono nobili scopi.
    È anche grazie a te che ci stiamo confrontando e scambiando idee in modo costruttivo.
    Ti abbraccio e spero di vederti presto a Toro.
    Luca



Precedenti interventi:
- Luca Castiello, Io mi sentirei un torese stupido se… (Toro, ieri e oggi/ 1)
- Giovanni Rossodivita, Il cupo pessimismo di Luca (Toro, ieri e oggi/ 2), con replica di Giovanni Mascia
- Dante Gentile Lorusso, La politica del muro (Toro, ieri e oggi/ 3)





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