San Mercurio restaurato: bellezza ed eleganza originarie e iscrizioni importanti
Data: Saturday, 15 June 2013 @ 00:00:00
Argomento: Arte, artisti e artigiani toresi


Le straordinarie immagini della statua di San Mercurio restaurata da Fiorentina Cirelli, e restituita alla comunità di Toro nella mattinata di ogg, 15 giugno, in occasione della festività civile di Sant'Antonio di Padova. Sorprendente il confronto con la statua che oramai ci eravamo abituati a vedere, dopo la pesante ridipintura operata nel 1977, a devozione dei toresi di Valencia (Venezuela). Assai interessanti le iscrizioni venute alla luce, con indicazioni sull'artista e la datazione della scultura.





A sinistra la statua, ridipinta nel 1977 dal prof. Carmine Santone di San Giovanni in Galdo.
A destra, come appare dopo il restauro di Fiorentina Cirelli.


Prima di dettagliare alcuni aspetti salienti del restauro. non si può fare a meno di segnalare la recuperata morbidezza dei colori e dell'incarnato del Santo, e le decorazioni a intaglio dorato del mantello, cancellate in precedenza sotto una pesante coltre di gesso e smalto.

Come si può vedere, tali decorazioni floreali erano ben visibili, anche nella sottostante storica immaginetta di San Mercurio, stampata in quadricromia per i fedeli toresi dalla Sagdos di Milano nel 1941.




      La restauratrice Fiorentina Cirelli scrive di "un restauro della statua di San Mercurio difficoltoso, molto laborioso nonché intrigante ed appassionante, per le molteplici problematiche che di volta in volta presentava, a causa sopratutto dei vari strati di ridipinture e conseguente strato preparatorio, sovrapposti negli anni, alla cromia originale, che si svela a fine lavoro, con un tono di raffinata eleganza, nell'accostamento dei colori".

      E aggiunge: "L'eliminazione di queste sovrammisioni equivalenti a tre stratigrafie di colore e preparazione, che riguardano tutta la scultura, in particolare i calzari e le decorazioni pendenti dell'armatura, hanno portato a scoprire il modellato e l'effetto cuoio, che l'artista gli aveva conferito. Anche il mantello ha subito tre strati di ridipinture, con grosse sovrammissioni di gesso, sopratutto in corrispondenza delle decorazioni floreali, per andare a coprire l'incisione.

      Anche sulla pedana -
      conclude la restauratrice - l'eliminazione dei vari strati di ridipinture, ha portato alla luce due testimonianze di vecchi restauri, che la statua ha subito nei secoli rigorosamente documentati, e con le trascrizioni di quello che doveva essere la firma originale, la datazione, oltre alla committenza e l'autore del restauro".


Bene, ancora qualche immagine per mettere a confronto i particolari della statua prima e dopo del restauro a cominciare dal volto e, proseguendo per il braccio sinistro, la veste, il piede destro, concludere con il risvolto del mantello sul retro. in quest'ultimo caso è possibile notare come una delle roselline a rilievo fosse ricoperta solo con lo smalto rosso mentre l'altra addirittura sparita sotto il gesso e lo smalto.


















Ma visto e ammirato il recupero della bellezza e della eleganza originaria della statua del nostro amato Santo Patrono, c'è da ricordare che il restauro si era imposto con urgenza anche perché la struttura era fortemente attaccata da tarli, specialmente a livello dei piedi e dei calzari, al punto da comprometterne seriamente la stabilità. Un'idea di quello che era il pericolo in cui versava la statua è data da questa fotografia che testimonia anche del grande uso di gesso fatto in occasioni precedenti:






ll dettaglio della foto seguente rivela lo spessore dello strato di gesso che nascondeva le decorazioni a sbalzo del mantello





La stratigrafia di quattro ridipenture che si sono sovrapposte nei secoli sulla veste dell'armatura del Santo sono ben visibili in quest'altra foto





Infine, altro grande motivo di interesse sono le iscrizioni sulla pedana che sono venute alla luce e segnalano alcuni restauri che si sono succeduti nel tempo.

Questa è l'iscrizione che documenta dell'ultimo restauro/ridipintura, operato da Carmine Santone da San Giovanni in Galdo nel 1977 "Per divozione toresi emigrati in Valencia (Venezuela)".





Questa, invece, è l'iscrizione che, tra l'altro, documenta del restauro operato "dai fratelli Angelini di Agnone, dimoranti in Sant'Angelo Limosano, per cura del procuratore Nicola Pietrantuono fu Giuseppe nell'anno 1908".





In questa stessa iscrizione, prima delle note sul restauro del 1908, operato dai fratelli Angelini su mandato del procuratore Pietrantuono, si legge una notizia che assegna allo scultore Palombo, la paternità della statua di San Mercurio, che sarebbe stata scolpita a Roma e risalirebbe ai primi anni del Seicento. Si legge infatti: "Costruita nella città di Roma dallo scultore Palombo Venso nei primi anni del 1600". Più che il il cognome e il presunto nome dello scultore, risulta assai sorprendente la datazione, in quanto la statua di San Mercurio è stata sempre ritenuta di origine più recente. Dante Gentile Lorusso, in particolare, ritiene essere opera della prima metà dell'Ottocento da assegnare allo scultore Crescenzo Ranallo di Oratino. Ma dove e in che modo i fratellli Angelini hanno attinto la loro informazione? Non lo sappiamo. Sappiamo invece che tale notizia si legge anche in una precedente iscrizione, venuta anch'essa alla luce, durante le fasi del restauro operato da FIorentina Cirelli. Eccone la documentazione affidata a due foto che ritraggono il lato sinistro e il lato destro dell'iscrizione.





Decifriamo la prima parte della scritta.
"COSTRUTTA NELLE CITTÁ
[DI] ROMA DALLO SCUL-
TORE PALOMBO VERSO
[I P]RIMI ANNI DEL 1600"

Come si deduce chiaramente "Verso" non è quindi il nome improbabile dello scultore Palombo, ma un banale avverbio.






La seconda parte dell'iscrizione può trascriversi e integrare così:
"[RE]STAURATA DAI F[RATEL-]
LI ANGELINI [...]
PER CURA DE[L SACERDO-]
TE D. GIUSE[P]PE PE[TRUCCI]?
SACRAMENTI[STA]"


E allora? Con ogni probabilità, prima del 1908, I fratelli Angelini avevano già restaurato la statua di San Mercurio, su commissione del sacerdote Sacramentista Don Giuseppe Petrucci, che - sappiamo da altre fonti - muore nel gennaio 1894 a Toro, a 78 anni, dopo essere stato parroco e vicario foraneo delle Isole Tremiti, già documentato come parroco nel 1842. L'iscrizione riportata nelle due fotografie rimanda quindi a un restauro di fine Ottocento, no posteriore al 1894.
Sulla scorta di tutto ciò i restauri subiti dal San Mercurio torese dal secondo Ottocento a oggi possono essere così riepilogati:
- Restauro anteriore al 1894 operato dai F.lli Angelini di Agnone su commisisione del sacerdote Petrucci;
- Restauro del 1908 operato dai F.lli Angelini su commisisione del procuratore Nicola Pietrantuono;
- Restauro del 1977 operato da Carmine Santone di San Giovanni in Galdo per devozione dei toresi di Valenzia (Venezuela);
- Restauro del 2013 operato da Fiorentina Cirelli di Cercemaggiore per devozione dei fedeli toresi.

Non siamo in grado, invece, di confermare o smentire la notizia che dice lo scultore Palombo autore della statua di San Mercurio a Roma "verso i primi anni del 1600".
Certo è che la circostanza che vede l'anziano, influente sacerdote Petrucci avallare di fatto tale notizia riportata nell'iscrizione del restauro da lui commissionato, ci porterebbe ad escludere che il nostro San Mercurio possa essere stato scolpito nel corso dell'Ottocento. In tal caso, la notizia e il nome dell'artista non sarebbero sfuggiti all'attenzione dell'ex parroco di Tremiti né i fratelli Angelini avrebbero potuto ignorarli.

(Giovanni Mascia)


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Foto Fiorentina Cirelli,
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