La scuola serale della signora Luisella (Toro che non c'è più
Data: Thursday, 24 October 2013 @ 13:15:00 Argomento: Poesie e racconti
Abbiamo già ricordato la giovanissima maestra Luisella D'Amico, rievocandone i tre anni d'insegnamento nella scuola rurale della Selva nei primi Anni Cinquanta del secolo scorso. Subito dopo quell'esperienza, la maestra animò insieme a i suoi divertenti e divertiti e attempati alunni la scuola serale di Via dell'Annunziata dove a cavallo degli Anni CInquanta e Sessanta si cercò di mettere una pezza all'enorme piaga dell'analfabetismo, che a Toro affliggeva ancora centinaia e centinaia di vittime. E se ne videro delle belle
Toro, Carnevale 1962. I coniugi Nicola Felice e Elgida (Gina) Garzone, furono i protagonisti assoluti della scuola serale della signora Luisella (Archivio Nicola Felice)
Cinquanta, sessant’anni fa a Toro, si contavano ancora a centinaia gli analfabeti totali. Solo una donna adulta su cinque aveva la licenza elementare. Tre donne su cinque si erano dovute accontentare di frequentare la scuola per un anno o due. Infine un'adulta su cinque non era mai stata a scuola e non sapeva né leggere né scrivere. Non molto meglio stavano gli uomini. Poco male per il passato, ma in quegli anni leggere e scrivere cominciava a essere importante, non fosse altro che per firmare e riscuotere la pensione all’ufficio postale. Ed eccoli allora, adulti, anziani e vecchi, tornare bambini per frequentare quei banchi di scuola sui quali non si erano mai seduti da ragazzi. O seduti troppo poco.
A insegnare loro, c’era la signora Luisella. La maestra Luisa D’Amico li radunava a sera, in casa Serpone, in via dell’Annunziata, o per dirla alla torese “Arrète ‘a Lenzeiate”. Oggi li ricorda volenterosi, assai volenterosi, i suoi scolari di allora, che pur di recuperare il tempo perduto, affrontavano alla garibaldina gli ostacoli. Gemma Iacobacci (U resceljlle), per esempio. A quel tempo il ghiaccio non scherzava, e una volta compattato sotto i piedi, durava settimane e settimane, non essendosi mai visti sale e spartineve in paese. Spaventosa, tra i sali e scendi di Toro, la salita del Barbacane, per non parlare della discesa al ritorno. Bene, Gemma l’affrontava scalza per meglio aderire alla lastra gelata e non correre il rischio di scivolare. Così, scalza e trafelata arrivava a scuola dove finalmente avrebbe imparato a fare il nome.
A dare una mano alla signora Luisella, un gruppetto di amici attempati, che pur sapendo leggere e scrivere avevano aderito all’invito della giovane insegnante. Grazie ad essi, la classe raggiungeva il numero minimo di alunni previsto dalla legge, la maestra intascava il meritato stipendio, e gli alunni e le alunne alimentavano la speranza di vedere trasformate da lì a qualche mese le ciappette e le zampe di mosche dei loro sforzi iniziali nella sospirata firma.
Il quartetto di letterati compiacenti era formato da due inseparabili e geniali artigiani, peraltro legati dal vincolo del San Giovanni, Nicola Felice (Geledèie) e Peppe Tucci (Cianne Gattone), accompagnati dalle rispettive moglie, Gina Garzone e Maria Nicola Patranzelle. Oltre a fare numero, tenevano allegra la brigata con le loro battute.
Poi, Peppe si ammalò e dopo qualche tempo morì. Non per questo, la moglie cessò di frequentare la scuola serale. Con il passare dei giorni, il viso tornava a rasserenarsi e lei tornava a sorridere. A veder Maria Nicola tornare ad essere quella di prima, nella scuola serale, “Arrète ‘a Lenzeiate”, si ricominciò a ridere e a scherzare.
Una sera, la maestra Luisella assegnò un tema. Facile facile, secondo lei: “Scrivete una lettera a un amico o a un’amica”. Hai detto niente! A capo chino, i poveretti penavano come anime del purgatorio. Le matite graffiavano, si spuntavano, scarciavano i fogli dei quaderni. Gina Garzone invece no. In capo a una mezzoretta aveva terminato il suo tema e, fiera di quanto aveva scritto, lo volle leggere ad alta voce.
Caro compare,
noi qui stiamo tutti bene, così speriamo anche di te.
Poco alla volta i nostri compagni di classe stanno imparando a fare la firma, così un domani vanno di persona a sìggere la pensione, senza dare la parte ai nipoti o ai parenti che oggi ci vanno al posto loro.
Noi, come tu sai, non ne abbiamo di questi problemi. La pensione ce la siamo sempre siggiuta e mangiata. Lo stesso fa Maria Nicola che si è fatta capace, e ti saluta.
Ti manda a dire, caro compare Peppe, cerca di stare bene in quess’altro mondo, che lei sta benissimo qua. Non farti venire strane idee per la testa, che l’atto di richiamo lei non lo vuole.
La tua affezionata commare
Gina
Ci fu un attimo di imbarazzo. Solo un attimo. Maria Nicola sorrise e disse a Gina: - A ièssa iè! Come per dire. – Ma tu guarda a questa! E aggiunse: - L’atto di richiamo semmai te lo può mandare a te. Non come marito, si capisce, ma come compare. Allora tutti scoppiarono a ridere. Per la battuta di Maria Nicola che era stata al gioco e per la lettera che Gina aveva scritto al compare Cianne Gattone, a quill’atru munne.
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