Un garibaldino al Consiglio (oh ignorantia beata!)
Data: Wednesday, 01 August 2007 @ 17:52:17
Argomento: Cultura


Com'è noto il Consiglio regionale del Molise in data 4 luglio ha rievocato solennemente il bicentenario della nascita di Giuseppe Garibaldi. E fin qui tutto bene. Peccato però che insieme a Garibaldi abbia voluto celebrare anche quattro presunti garibaldini molisani, tra cui Domenico Trotta. Peccato perché il nostro illustre concittadino, che nel 1860 aveva 68 anni, era cattolico (e non mangiapreti), moderato (e non giacobino), e naturalmente borbonico (e non piemontese). Come tale, era stato appena chiamato dal Borbone a reggere le sorti del Molise nel ruolo di Intendente. Insomma, una figura quella del Trotta che non ha nulla del patriota garibaldino, cui il Consiglio Regionale ha dedicato finanche un annullo filatelico. Semmai ne rappresenta l'esatto contrario.
Il clamoroso abbaglio istituzionale della regione Molise è stato segnalato dall'amico Michele Tuono, del quale ripubblichiamo l'articolo comparso sul suo blog CAVALLI SANNITI.


Ingresso Casa Trotta


In qualche decennio, ormai, non dico di studi, che sembrerebbe una parola grossa, ma di interessamento a questioni molisane vecchie (soprattutto) e nuove, posso ben dire di averne viste di cotte e di crude. Ma questa di Domenico Trotta, di Toro, cattolico, moderato e specialmente borbonico della più bell’acqua, che viene commemorato in Consiglio Regionale come garibaldino, è probabile che le superi tutte. Trotta era talmente garibaldino che venne nominato Intendente della Provincia di Molise da Francesco II, detto Franceschiello, e subito defenestrato da Garibaldi, che al suo posto mise Nicola De Luca, pure (e con motivazioni più congrue) commemorato nella circostanza.
Così Giambattista Masciotta ricorda l’episodio:

«Il De Sivo nella sua “Storia delle Due Sicilie” (Libro XXVIII, § 1) asserisce che la nomina del Trotta destò la gelosia di Nicola de Luca, già suo collega nel Parlamento e condannato nel Processo di Stato: il quale reclamò per sé quel posto elevato. Non sappiamo quanto siavi di vero in ciò: è innegabile, peraltro, che – entrato Garibaldi a Napoli – Nicola de Luca fu immediatamente sostituito al Trotta, che tornò nella sua Toro né perturbato né querulo dell’ingiustificabile vicenda. Domenico Trotta era d’una serena intellettualità, alieno da ogni bassezza di procacciante; ed il colpetto giacobino che lo colpiva, lo fece sorridere, come quello che anteponeva ai suoi nove lustri di studi il decennio di carcere del rivale...».

Domenico Trotta


Trotta, scrive Renato Lalli, apparteneva

«a quella intelligenza moderata che si sforzava, per quel che consentivano i freni imposti dal regime assolutistico, di essere presente nella vita pubblica molisana. Nello schieramento borghese molisano moderatamente avviato su una linea di rinnovamento delle strutture politiche del Regno, Domenico Trotta assumeva una posizione più precisa di cattolico. Apparteneva a quell’ala della borghesia che da Pio IX aveva ricevuto entusiasmo e sollecitazioni all’agire. Gl’interessi di Trotta si mossero nell’ambito di un cattolicesimo aperto al rinnovamento liberale dello Stato Napoletano».

Giovanni Mascia, che è del posto, cioè di Toro, e i Trotta li ha studiati sul serio, ricorda il «rinvenimento, fra le carte dei Trotta, di una collezione di inni composti e stampati nel Molise per festeggiare e commemorare i Reali borbonici».
Senza che personaggi di tale levatura, «onesti borghesi cattolici, liberali e moderati», per meritare l’interesse dei posteri, «debbano essere purgati di qualsiasi forma di attaccamento devozionale per i loro legittimi sovrani e mascherati da patrioti risorgimentali più o meno illuminati».
Mascia, che non per nulla è mio amico, e maestro, diceva queste cose nel luglio del 1997, ossia, con precisione cronometrica, dieci anni fa.

Michele Tuono, Cavalli Sanniti

Sala da Pranzo Casa Trotta






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