I proverbi toresi di Aprile (Vita e cultura popolare)
Data: Tuesday, 01 April 2014 @ 10:31:39
Argomento: Tradizioni e feste


Proverbi e modi di dire popolari toresi, che i nuovi ritmi e stili di vita tendono a porre nel dimenticatoio. In linea con gli almanacchi di una volta, i proverbi sono agganciati allo sfogliarsi del calendario: la Domenica delle Palme, le funzioni religiosi, la Pasqua, i dolci pasquali, la primavera, la campagna che si risveglia



MESE DI APRILE


1 /I proverbi di Aprile sono fortemente caratterizzati dalla ricorrenza di Pasqua, a cominciare dal primo :

Mò ze fa i cunte, che jjurne vè Pasque

Sta conteggiando in che giorno cade Pasqua


La locuzione popolare fa riferimento alla mobilità della Pasqua, che come sappiamo può essere bassa o alta, cadere a marzo o ad aprile. Questo aspetto non poteva sfuggire all’occhio smaliziato e fine dei contadini toresi, che dicevano: Mò ze fa i cunte, che jjurne vè Pasque, se qualcuno si mostrava insolitamente pensieroso.
I contadini sono molto bravi a usare la leva del doppio senso. E il loro dire può suonare ironico e sfottente: niente di più facile e inutile (si sa che la Pasqua capita sempre di domenica). Ma può anche significare, più seriamente: niente di meno scontato e discretamente complicato (legato com’è questo calcolo all’epatta, cioè al complesso di undici giorni che vanno aggiunti all’anno lunare per pareggiarlo al solare e conoscere così quando cadrà il plenilunio primaverile, e di conseguenza Pasqua, la domenica successiva).

2 / Aprile, cioè la Domenica delle Palme, la Settimana Santa. Ma anche la primavera. Sono questi i giorni per celebrare gli eterni riti del fidanzamento e dell'amore. Il giovane che sarà cortese con la sua bella la Domenica delle Palme, si vedrà ricambiare la cortesia proprio il giorno di Pasqua. Povero, invece, chi non si comporta proprio galantemente, perché:


S'a palme è fiorite,
a pigne è ssaprite;
s'a palme è de fronne,
a pigne è de vrenne.

(Se la palma è fiorita - cioè inargentata e con foglie di confetti - la pigna (la torta di Pasqua) sarà saporita; / se la palma è di fronde, / la pigna sarà di crusca).

Una variante in termini amorosi del do ut des di classica memoria o, se si preferisce restare in ambito rurale, del Setaccio, mio setaccio, / come mi fai così ti faccio.

3/ Quelli di Pasqua sono anche i giorni migliori per dare uno sguardo in cucina. È risaputo che

'A pigne, che n’ze fa a Pasque, n’ze fa cchiù

(La pigna – torta tipica – che non si fa a Pasqua non si fa più).

Allargando lo sguardo oltre la lettera e al di là del profumo, sarebbe come dire: – Batti il ferro, finché è caldo – o meglio – Ogni lasciata è perduta.

Abbiamo già ricordato la pigna che era anche il dono che la fidanzata rendeva a Pasqua al fidanzato che la Domenica delle Palme le aveva regalato la "palma fiorita", cioè la palma con confetti sistemati tra le foglie inargentate.
Con la pigna, a Pasqua si preparavano altri dolci: pastarelle, biscotti, piccillati e fiadoni (ripieni con cacio e uova o con ricotta o - tipico di Toro - con sangue dolce di maiale). Per le bambine e i bambini si preparavano la zitella e il carosello. Semplici sfoglie di pasta, la prima a forma di donnina, la seconda di galletto, cosparse di confettini colorati con un uovo sodo nascosto nelle pance: erano le uova di Pasqua di un tempo, la felicità dei bimbi di allora.


La zitella, l'uovo di Pasqua casalingo per le bimbe, quelle fortunate, di un tempo
(Foto reperita online)



4 / All’occhio dei contadini toresi non sfuggiva la circostanza che i giorni di Pasqua, in ossequio all’etimologia del termine, sono i giorni del passaggio tra l’inverno e la primavera. Il popolano torese ha protocollato, infatti, che


Zùcchele, vrùcchele e ppredecature
doppe de Pasque nen cuntene cchiù.


Zoccoli, broccoli e predicatori
dopo Pasqua non contano (servono) più.

Non servono più:
- gli zoccoli di legno, usati dai contadini per non rovinare le scarpe nel fango, perché si spera che il fango dell’inverno stia per diventare un ricordo;
- i broccoli (di rapa), perché‚ ormai induriti e fibrosi, non hanno più niente di gustoso da offrire al palato;
- i predicatori, infine, che erano allora i protagonisti assoluti dei quaranta giorni della quaresima e fonte di attrazione e di svago in chiesa. Essi‚ retaggi del freddo e del rigore penitenziale, non hanno più molto da dire adesso che, al tepore primaverile, la natura rinasce e invita a uscire all'aperto.

5 e 6/ La pioggia nel mese di Aprile, quanto mai opportuna per tonificare il risveglio della natura in piena vegetazione, veniva salutata dai contadini come benedizione del cielo e promessa di raccolti sicuri e abbondanti. Così si diceva:


Aprjle chiova chiove
e Magge una bbone


Aprile piova piova
e Maggio una buona.

E ancora;

Vale chiú 'n'acque tra Maie e 'Bbrjle
e nó 'nu carre d'ore e chi u tjre.


Vale più una buona pioggia, tra Maggio e Aprile,
anziché un carro d’oro e chi lo tira.

7/ Quattro aprilante, giorni quaranta. È in altro proverbio che conoscono tutti e tutti ripetono. In base al quale, se dovesse piovere il 4 aprile, le giornate di pioggia si ripeterebbero inevitabili per i prossimi quaranta giorni. Si tratta di fandonie più o meno superstiziose oppure ha fondamento il proverbio, alla cui coniazione di certo non ha contribuito la rima che in questo caso appare ed è del tutto artificiale?
La risposta ci porterebbe lontano, tantp più che sul proverbio e su un episodio assai originale ad esso collegato abbiamo parlato in un articolo a parte, invitando il lettore curioso a leggerlo cliccando sul titolo che segueUn nome e un cognome di giornata per un proietto torese del 1892,

8/ A conferma della elevata piovosità di questo mese, sempre ad aprile è dedicato un altro antico proverbio torese: ‘Brjle, ógne gócce ‘nu varjle! Aprile, ogni goccia un barile! (lo segnala Musa Pensosa). Naturalmente, allora come adesso, c'era un problema di quantità: una buona pioggia ad Aprile andava benissimo, ma non quelle piogge torrenziali che di tanto in tanto tornano alla ribalta delle cronache regionali e nazionali con segnalazioni di inondazioni e allagamenti. Per fortuna, la Madonna Incoronata, il cui culto è stato introdotto a Toro dalla famiglia Francalancia nella seconda metà dell'Ottocento, e la cui festa cade l'ultimo sabato d'aprile, continua a vegliare sui campi e sull'agro si Toro dall'alto della sua nicchia neoclassica nella chiesa del Convento.



Toro, Anni Cinquanta, Processione dell'Incoronata (con S. Lucia e S. Cristina) in Piazza del Piano






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