28 marzo 1944: una bomba dilaniò il corpo del piccolo Mercurio Iacobucci
Data: Thursday, 03 April 2014 @ 13:02:05
Argomento: Toresi benemeriti


Settant'anni fa. primavera del 1944: Toro pagò alla guerra un altro pesantissimo tributo: Mercurio Iacobucci fu dilaniato dallo scoppio un ordigno bellico. Aveva solo dodici anni, il giovanissimo martire torese di guerra, che in assenza di commemorazioni ufficiali, ci permettiamo di onorare con questo modesto ricordo. La stessa sorte, di morte e dimenticanza era toccata nell'ottobre dell'anno precedente a Maria Teresa Grosso, incinta, e alla sua figlioletta Angelamaria Marcucci di soli sette anni, perite sotto il fuoco dei bombardamenti alleati (Clicca e leggi la loro vicenda).


Toro - "Gli eroi di Vittorio Veneto e i futuri difensori dell'Italia Imperiale Fascista di Mussolini":
così recita la beffarda didascalia della cartolina postale, edita da Alterocca, Terni, nel 1941.
Nella foto, tra i futuri difensori dell'Italia Imperiale, c'era anche il piccolo Mercurio Iacobucci?



A rievocare il tragico episodio che portò alla morte del dodicenne torese è il nipote che ha in comune con la vittima lo stesso nome e lo stesso cognome: Mercurio Iacobucci, molto conosciuto a Toro per la sua attività di fotografo e di operatore di ponpe funebri. Mercurio, il nostro interlocutore, è il figlio di Pasquale, morto da qualche anno. Pasquale, soprannominato Finocchietto, per intenderci, come i suoi tre fratelli che portavano o portano lo stesso soprannome di famiglia: Nicolino, anch’egli morto, Santuccio, che poi in verità si chiama Rocco, ed è il "nonno Rocco" dei gemelli Fracasso, Rocco e Giovanni, e il più giovane, Antonio, che vive negli Stati Uniti. Tutti e quattro, figli di Giovannantonio Finocchietto e di sua moglie, che era nativa di Monacilioni, e si chiamava Maria Pasquala Coccaro.

Giovannantonio e Maria Pasquala, di figli, ne avevano avuti cinque e non quattro. Il quinto si chiamava Mercurio, come il nipote, che, essendo nato il 29 marzo 1945, giusto a un anno di distanza della morte dello zio, avvenuta il 28 marzo 1944, era stato battezzato con lo stesso nome, in seguito assegnato anche ad altri due cugini più giovani, i figli di Santuccio e Antonio.

Era una mattinata di primavera e Mercurio, lo zio dodicenne, aveva portato a pascere le pecore dalle parti della sua masseria, la stessa dove nel dopoguerra si trasferirà da Riccia l'Appugliese, ossia il padre di Lorenzo Mignogna, l'operatore della Fisiomedica Loretana, conosciuto anche fuori dall’ambiente di lavoro come produttore di funghi cardarelli. In mezzo all’erba il piccolo Mercurio vide qualcosa che lo incuriosì, una sorta di barattolo. Chissà cosa pensava di trovarci dentro. Per provare ad aprirlo cominciò a percuoterlo con una pietra. Ci trovò uno scoppio, e con lo scoppio la morte.

Non si sa se insieme a lui guardasse le pecore o per caso si trovasse a passare un giovanotto, Antonio Parziale, detto Ceccuttille, allora diciannovenne. Dopo lo scoppio, Antonio recuperò i mozziconi le dita della mano dilaniata e li portò, con la notizia della morte del figlio alla madre, che aveva sentito il boato dalla non lontana masseria.

Fu allora che successe una cosa inaspettata, in apparenza inverosimile. La mamma di Mercurio, Maria Pasquale Coccaro, con un gesto rapido e inconsulto si gettò in bocca i mozziconi delle dita e provò a inghiottirli, ma non ci riuscì. Le dita del figlio le rimasero in gola e fu lì lì per strozzarsi. Solo a fatica riuscirono a liberarla. Riprese a piangere e disperarsi. E più si disperava lei, più si disperavano il marito e i figli superstiti nelle ore seguenti. Anche perché solo il figlio morto sapeva dove aveva nascosto la chiave della stalla della masseria, dove erano rinchiusi i buoi che rischiavano di morire di fame e di sete e muggivano da far spavento.

- Tu, Mercurio, me lo devi dire dove hai nascosto la chiave!, - continuava a ripetere e, ripetendo, a piangere la madre, finché per la spossatezza non si appisolò. E Mercurio ne approfittò per comparirle in sogno e indicarle dove aveva nascosto la chiave della stalla.

Sul luogo dello scoppio, i familiari piantarono una croce, ma chissà se c'è ancora, sommerso com'è, il luogo, da sterpi e da una selva inestricabile di rovi. Di Mercurio Iacobucci, la giovane vittima di guerra, oggi resta solo il nome, un nudo nome inciso su una delle lapidi del Monumento ai Caduti di Toro. Significativamente è accostato a quello di (Maria) Teresa Grosso, vittima civile anche lei degli orrori della guerra. Ma non c'è ancora traccia, nonostante le promesse dell'amministrazione comunale in sede di consiglio (clicca e leggile nel resoconto del Consiglio Comunale del 13 Novembre 2013), del nome della piccola Angelamaria Marcucci, di sette anni, figlia di Maria Teresa. Non manca, invece, e proprio sulla stessa lapide, il nome di Luigi Alberto Trotta, capitano dei marò di San Marco, caduto in Tunisia, al quale è intitolata la piazza su cui sorge il monumento. Lo torniamo a dire: a nostro modesto avviso, sarebbe più giusto intitolare la piazza anche a tutte le vittime toresi di guerra, militari e civili.



Il nome di Mercurio è inciso subito dopo quello di Teresa Grosso, vittima di guerra anche lei
Ma quando vi leggeremo anche il nome della figlia Angelamaria di sette anni?



Toro, monumento ai caduti toresi in Piazza Luigi Alberto Trotta,
piazza che sarebbe più giusto intitolare anche a tutte le vittime toresi di guerra, militari e civili


Foto Enzo Mascia, 3 aprile 2014



Questo Articolo proviene da TORO Web
http://www.toro.molise.it/

L'URL per questa storia è:
http://www.toro.molise.it//modules.php?name=News&file=article&sid=2081