Araldica torese/ 12 - Nome e cognome di giornata per un proietto torese del 1892
Data: Saturday, 04 April 2015 @ 00:00:00
Argomento: Cultura


4 aprile 1892 è il giorno di nascita di un trovatello torese. A Napoli lo si sarebbe chiamato Esposto o Esposito, a Roma Proietti, a Firenze Innocenti, altrove Diotallevi e simili. Tra le poche cose che si conoscono di questo "buttatello" di casa nostra è appunto la data di nascita. Nello stesso giorno, ripudiato dalla madre, fu portato dalla levatrice in Comune per il battesimo da parte di un ufficiale dello Stato Civile che volle dargli un nome e un cognome inconfondibili, prima di restituirlo alla levatrice perché lo affidasse alla Ruota di Campobasso. Dove si perdono le tracce del bambino, la cui vita è rimasta sconosciuta, a parte gli esordi da romanzo popolare.

Ma andiamo con ordine. Quattro aprilante, giorni quaranta. È il proverbio che conoscono tutti e tutti ripetono oggi. In base al quale, se dovesse piovere il 4 aprile, le giornate di pioggia si ripeterebbero inevitabili per i prossimi quaranta giorni. Si tratta di fandonie più o meno superstiziose oppure ha fondamento il proverbio, alla cui coniazione di certo non ha contribuito la rima che in questo caso appare ed è del tutto artificiale?

Stando all’Osservatorio Meteorologico di Napoli che conserva i dati dal 1872 ad oggi, sembrerebbe non esserci nessuna correlazione tra la pioggia del 4 aprile e i 40 giorni a seguire. Però qualcosa di vero c’è, anche se non così categorico come vorrebbe il proverbio. Infatti l’analisi mostra che in quegli anni in cui piove il 3 o il 4 o il 5 aprile, si ripetono almeno altri 16 giorni piovosi entro i successivi 40 giorni (cioè il 15 maggio) nel 70% dei casi. Mentre se non piove in quei tre giorni tale percentuale scende ad appena il 30%.

Bene, ne parliamo perché, come si diceva, il 4 aprile 1892, esattamente centoventitre anni fa, l’ufficiale di Stato Civile del Comune di Toro, che all’epoca era D. Raffaele Ciaccia, assegnò proprio il cognome Aprilante al bambino che gli era stato presentato per la stesura dell’atto di nascita dalla levatrice Tommasina Galassi, di anni 47, in servizio a Toro ma nativa di Agnone. Il bambino – aveva spiegato la levatrice – era nato nella mattinata di quel giorno in via Orientale n. 61 da “una donna che non consente di essere nominata”.






Archivio Comunale di Toro, registro delle Nascite 1892, atto n. 23, Pancrazio Aprilante



Meno semplice, invece, è trovare una giustificazione per il nome assegnato da D. Raffaele al piccolo Aprilante: Pancrazio. Un nome assolutamente sconosciuto a Toro, almeno fino ad allora. Si potrebbe pensare a una sbirciatina del Ciaccia al calendario, dove compaiono due santi con questo nome. Sennonché il fatto che San Pancrazio martire, morto a quattordici anni sotto Diocleziano, si festeggi il 12 maggio, e che San Pancrazio, vescovo di Taormina, si festeggi l’8 luglio, porterebbe ad escludere questa banale ipotesi.

Che comunque è quella giusta. Come è possibile rilevare dagli almanacchi di quel tempo (a disposizione grazie una semplice ricerca con Google, “Pancrazio aprilante”), San Pancrazio vescovo era festeggiato il 3 aprile e non già l’8 luglio come oggi. Quindi il buon D. Raffaele Ciaccia, davanti al piccolo proietto, postosi la domanda su come chiamarlo, se la cavò con il proverbio del giorno che gli suggerì il cognome Aprilante e con il nome del santo del giorno prima, Pancrazio, che forse lo colpì proprio per l’essere un nome assolutamente inaudito a in paese.

Il tutto, si capisce, in osservanza alla legge di allora. Così il piccolo Pancrazio, che la levatrice aveva portato in municipio, avvolto in “un panno di lana, in una fascia di sassonia ed in una cuffia in testa di vagramma”, fu inviato secondo prassi, tramite la stessa levatrice, alla “Ruota dei proietti” (o degli esposti) di Campobasso, per essere consegnato al Direttore di detta Ruota.

Cosa sia avvenuto in prosieguo del neonato nostro concittadino Pancrazio Aprilante non si sa. Quello che si sa è che erano pochi i bambini che sopravvivevano tra quelli affidati alla cosiddetta Ruota. A quei tempi, quando igiene, alimentazione adeguata e un minimo di confort neonatali erano ancora di là da venire, la sola speranza di sopravvivenza per i lattanti strappati al seno materno (o ripudiati come nel caso nostro), era legata alla fortuna di un affidamento solerte a genitori adottivi.





La buca dei trovatelli di Campobasso, oggi tappata a cemento e ricoperta da tubi del gas, un tempo collegata alla Ruota.
Secondo P. Eduardo Di Iorio, nel fabbricato era ubicato il vecchio ospedale di Sant'Antonio Abate



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