25 aprile 2018. Festa della Liberazione a Toro
Data: Thursday, 26 April 2018 @ 10:05:38
Argomento: Comune e/o vita politica


Finalmente, per la prima volta, dopo 73 anni. una amministrazione comunale del nostro paese ha ricordato la Festa della Liberazione dal nazifascismo. La Liberazione è un esercizio quotidiano che purtroppo stenta a diventare impegno comune. Tant'è che il 25 aprile in Molise è stato ricordato solo a Campobasso, Guardialfiera e Monte Marrone (Rocchetta al Volturno). E anche a Toro. Complimenti al sIndaco e ai componenti tutti dell'Amministrazione Comunale e all'Anpi Molise.










La manifestazione ha preso il via alle 10.45 in Piazza L. A.Trotta (sagrato della Chiesa) con la deposizione ai piedi del Monumento dei Caduti di una corona di fiori , benedetta dal parroco padre Armando Gravina, alla quale sono seguiti tre brevi interventi.





Il sindaco Roberto Quercio ha ringraziato le autorità civili e militari, gli amministratori e i cittadini presenti, ricordando loro che la giornata del 25 aprile 1945 è la data di liberazione dell'Italia dalla occupazione nazifascista nonché la data di fondazione dell'Italia libera e democratica.





Il sindaco ha ricordato il sacrificio di quanti hanno dato la vita per questo ideale, dando lettura - in un clima di viva commozione - di due lettere di condannati a morte della Resistenza ai familiari, alla vigilia della loro esecuzione.





Come nelle attese, le lettere scritte da Lorenzo Viale, 27enne torinese, ingegnere della Fiat e dal molisano Mario Brusa Romagnoli (Nando) di Guardiaregia (aveva solo 20 anni), hanno lasciato un'eco profonda nell'animo dei presenti.











Rimandando ad altre occasioni gli opportuni approfondimenti, Giovanni Mascia si è limitato a ricordare del mese di occupazione tedesca a Toro a cavallo tra settembre e ottobre 1943, due momenti emblematici: i due enormi carri armati lasciati a mo' di ammonimento ai piedi del campanile e del grande olmo del convento, un Tigre e un Pantera (Panzer TIger e Panzer Panther), e il colpo di pistola sparato al loro arrivo da un tedesco per immobilizzare le lancette dell'orologio del campanile e sancire in tal modo il tempo del terrore imposto con il coprifuoco spietato e con le minacce di rappresaglie e deportazioni.





L'occupazione torese - ha continuato Mascia - ha coinciso con l'epopea dei soldati italiani sbandati nei Balcani dopo l'armistizio. fatti prigionieri delle SS e deportati nei lager nazisti. Furono 800 mila, secondo le stime più accreditate. Ma non si sarebbero piegati. La gran parte di loro, 750 mila, rifiutarono di tornare a imbracciare le armi nelle file nazifasciste preferendo quasi due anni di inferno nei campi di concentramento e i lavori forzati. In cinquantamila, purtroppo, non ce la faranno a superare le terribili condizioni di freddo, fame e privazioni d'ogni genere.





Onore quindi alla morte e alla resistenza dei deportati militari italiani, tra i cui tre toresi: Angelo Mascia, Fulvio Grosso e Santuccio Serpone (ma è probabile che altri concittadini abbiano subito la loro triste sorte di qui l'invito ai familiari superstiti a verificare i fogli matricolari per donare alla loro memoria il giusto tributo di riconoscenza e la medaglia d'onore del Presidente della Repubblica).





Infine Michele Petraroia vice presidente dell'Associazione Nazionale dei Partigiani d'Italia (Molise), ha ricordato che il Molise è la terra dove si consumò il primo scontro tra le truppe alleate, coadiuvate dal Corpo Italiano di Liberazione fondato proprio in Molise dal Generale Umberto Utili, ed i nazisti asserragliati lungo la linea GUSTAV.





La nostra - ha proseguito Petraroia - è la terra in cui saltò su una mina Giaime Pintor, il luogo che vide consumare diversi eccidi: dai Martiri di Fornelli ai fratelli Fiadino a Capracotta fino alla fucilazione di carabinieri e civili a Tavenna, oltre a diverse esecuzioni sommarie, atti di persecuzioni e barbarie compiuti da nazisti e fascisti contro la popolazione inerme.

Il Molise è la terra di Mario Brusa Romagnoli, partigiano di Guardiaregia fucilato a Livorno Ferraris in provincia di Vercelli a 20 anni il 31 marzo del 1945, e di Giuseppe Barbato, partigiano di Campobasso impiccato a 27 anni a Centallo di Cuneo in Piemonte il 30 settembre 1944.

Il loro eroico sacrificio va onorato e ricordato insieme alla memoria di tutti quelli che hanno dato la loro vita, le loro sofferenze, gli anni migliori della loro giovinezza per la nostra libertà.







Foto Sandro Nazzario



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