L’arciprete del Colle e le celebrità mondiali di Toro e Colle Sannita
Data: Monday, 14 October 2019 @ 17:25:00
Argomento: Cultura


Notizie curiosità e foto storiche su don Domenico Polcini, in carica dal 1917 al 1948, storico arciprete di Toro, dove era chiamato e ancora oggi ricordato come l’acceprèute du Colle, perché originario di Colle Sannita.


L'arciprete D. Domenico Polcini, al centro di questa foto scattata a Toro il 25 aprile 1936
in occasione di un corso di potatura cui parteciparono i giovani toresi presenti,
insieme al podestà Domenico Trotta, con la mano sinistra in tasca



L’occasione per ricordare il nostro personaggio è data da un intervento in rete dell’amico Fabio Paolucci, il quale in questi giorni ha segnalato di aver notato in sovrimpressione su una puntata de “I Simpson” il nome del regista, Michael Polcino. ll cognome “tipicamente sannita”, ha colpito lo studioso, che lo dice “documentato a Colle Sannita”, paese di origine della sua famiglia paterna, “fin dalle prime attestazioni parrocchiali cinquecentesche”. Come nei casi da lui scoperti di italoamericani famosi di origine collese, l’eroe di guerra John Basilone e la poliedrica artista Gwen Stefani, Paolucci ha ipotizzato “una possibile provenienza sannita, probabilmente proprio collese, anche della famiglia di Michael e di suo fratello Dominic Polcino, altro famoso regista che pure ha lavorato alla famosissima serie dei Simpson”.


Dominic Polcino regista di film di animazione
tra cui The Simpsons, Mission Hill, nonché Family Guy e King of the Hill.



Benissimo, chissà che non abbia ragione e individuato un’altra prova di quelle che lui chiama intelligenze originate dal meridione d’Italia in generale e da Colle nel caso specifico. Intanto la notevole coincidenza onomastica tra Dominic Polcino, regista, e Domenico Polcini (al plurale si badi bene), arciprete di Toro, ma nativo di Colle Sannita, come attestato anche dall’epiteto con cui era popolarmente designato, mi ha spinto a contattare l’amico Paolucci e a stilare questa breve nota, che si sostanzia in poche notizie e qualche foto.


Michael "Mike" Polcino, regista di The Simpsons



Intanto va precisato che nel corso dei secoli, prima durante e dopo il trentennio segnato dall’arciprete Polcini, non sono registrate altre presenze collesi a Toro. Nemmeno dopo la seconda guerra mondiale, quando molti contadini di Riccia, Cercemaggiore, Castelpagano si sono trasferiti a coltivare le terre dell’agro torese. Si conosce una sola eccezione: il nucleo familiare trapiantato a Toro a fine Ottocento, del quarantaquattrenne Giovanni Basilone da Colle Sannita (anche in questo caso è davvero notevole la coincidenza onomastica con il famoso John Basilone americano: che non fosse tra gli antenati dell’eroe?). Oltre al capofamiglia, sono registrati la moglie Angelantonia Finelli, di un paio di anni più giovane, anche lei di Colle, e i figli adolescenti Teresa, Tommaso e Giorgio (anche un fratello dell’eroe si chiamava Giorgio), rispettivamente di 17, 15 e 13 anni. Una presenza la loro, annotata in appendice allo Stato delle Anime della Parrocchia torese, redatto nel 1894, ma del tutto temporanea come si arguisce dalle linee ondulate che hanno cancellato i loro nomi, dei quali non si sono trovate altre tracce, magari perché emigrati proprio in America di lì a poco.

La famiglia di Giovanni Basilone da Colle Sannita,
in appendice allo Stato delle Anime torese del 1894 e poi cancellata



Per completezza di informazione va aggiunto che l’onomastica di Toro registra il soprannome Cullése (Collese), con il quale nel corso del Novecento sono stati identificati in vita l’insegnante Francesco Cutrone (u maéstre Cullése, classe 1921) e la madre vedova Annamaria Nazzario (Ze Maria a Cullése, classe 1898). Considerando che le sorelle si Annamaria, Giacinta e Maria Nicola, non avevano condiviso il soprannome di Annamaria, sembrerebbe che lo stesso fosse stato di spettanza diretta del marito di costei, Francesco morto in giovane età, e omonimo del figlio. E al momento ci fermiamo qua.


Ricordo funebre di mons. D. Domenico Polcini (Archivio M. Paternuosto, Roma)


Per tornare a parlare del nostro don Domenico Polcini. Dalla riproduzione della immaginetta funebre del sacerdote, fatta pervenire da Roma qualche anno addietro dall’amico carissimo e maestro dell’encausto Michele Paternuosto, apprendiamo che monsignor Polcini, del quale è riprodotta una bella foto in bianco e nero, che lo ritrae anziano in abito talare con tanto di berretta nera sormontata dal fiocco che si intuisce paonazzo, come si conviene a un monsignore, è venuto a mancare il 4 novembre 1956 a Colle Sannita dove era nato 82 anni prima, nel 1874. In effetti, tra gli atti di nascita del comune beneventano è registrato Domenico Filomeno Polcini [sic] nato il 22 ottobre di quell’anno, figlio del possidente Raffaele fu Pasquale di anni quaranta e della moglie Costanza Zeolla fu Domenico. Interessante la nota a margine che attesta come: “Con Regio Decreto del 30 marzo 1905 il qui contronominato Polcino [sic] Domenico Filomeno è stato autorizzato a cambiare il suo cognome in quello di Polcini”.

Archivio Comunale di Colle Sannita, nota a margine atto di nascita
numero 148 dell'ottobre 1874, Domenico Filomeno Polcini



Don Domenico Polcini, dunque, fu nominato arciprete di Toro nel pieno della prima guerra mondiale, nel 1917, quando rilevò le redini della parrocchia dall’economo curato don Arcangelo Santillo, che le aveva rette dal 1914. Tempi grami, segnati dalle apprensioni delle madri, le spose, i fratelli e le sorelle e i figli per i soldati toresi che combattevano e morivano al fronte. Tempi scanditi dai telegrammi che con cadenza serrata e inesorabili annunciavano le notizie delle morti avvenute. Devoti al santo patrono, San Mercurio martire, santo militare del III secolo, i toresi lo hanno invocato sempre. Lo invocarono specialmente in quei tempi di guerra, per implorare protezione per i figli in armi. Don Domenico, che all’epoca contava 43 anni, dovette condividere con particolare trepidazione quei giorni, quelle settimane, quei mesi di dolore e di morte vissuti dai suoi nuovi parrocchiani che, senza trascurare di tributare gli onori al venerato patrono, bandirono i segni di giubilo della festa patronale, la più importante festa dell’anno. Dal rendiconto dei festeggiamenti dell’anno prima, il 1916, rileviamo che delle 1546,25 lire raccolte, ben 505 lire, oltre un terzo della somma, furono raccolte tra gli emigranti in America. I soldati inviarono dal fronte 147 lire, mentre in paese furono raccolte 478,75 lire in grano e 175,5 lire in contanti. Da fonti insolite le restanti somme raccolte: 80 lire per l’affitto dei vestiti dei bambini portati in processione come dei piccoli San Mercurio, con elmi corazze e spade di latta, e 70 lire per il privilegio reclamato dai devoti di portare a spalla la statua. Non ci furono segni di allegria, come dicevamo, ma solo solenni funzioni religiose, l’imponente processione, il restauro della statua e la rifusione della campana grande, che porta impresso l’effige del santo martire. Alla sua voce i cuori in ansia affidavano la speranza di uno scampanio di gioia annunciante la fine della guerra.


La campana grande rifusa a Toro in occasione della festa di San Mercurio 1916
(Foto tratta dal volume di Nicoletta Pietravalle,
Cara Italia, tuo Molise)



San Mercurio 1916, operazione per risistemare la campana grande sul campanile
(Foto come la precedente tratta dal volume di Nicoletta Pietravalle)



La fede dei toresi per il santo patrono dové colpire in modo particolare il nuovo arciprete, chiamato a benedire di lì a pochi anni il monumento che Toro, uno dei primi comuni d’Italia, volle erigere ai suoi caduti in guerra e inaugurare con una cerimonia imponente alla vigilia della festa di San Mercurio, il 25 agosto 1920.


Vigilia di San Mercurio 1920, Inaugurazione del Monumento ai Caduti di Toro (Foto G. De Socio)


Nessuna sorpresa, quindi, se in onore del Santo Patrono, l’arciprete Polcini scrisse in seguito e mise a stampa due novene. La prima, Novena in onore di S. Mercurio che si celebra in Toro, Società Tipografica Molisana, Campobasso 1926. La seconda, Novena in onore di S. Mercurio che si venera in Toro, Tipografia “GILA”, Napoli 1935 – XIII.


Le due Novene pubblicate da mons. Polcini in onore di San Mercurio


Dalla novena del 1935, ci piace trascrivere l’Inno a San Mercurio, composto da monsignor Polcini. Si tratta di 14 quartine di senari, in cui solo i versi centrali rimano fra loro, mentre il quarto è tronco:
  • Un inno si elevi/ dai petti osannanti/ e in fervidi canti/ di lode al Signor.
    La gioia dimostri/ d’un popol credente/ pel Santo potente/ che si ebbe a Tutor.
    Del forte Mercurio/ fulgente è la gloria,/ ch’ei vanta una storia/ di mille virtù.
    Bersaglio del foco,/ non ebbe timore,/ le fiamme del cuore/ quel foco infreddò.
    Di viete lusinghe/ l’insidia respinse,/ e indomito vinse/ tormenti crudel.
    Con Cristo nel cuore/ pugnando da forte,/ sostenne la morte/ fissandosi al ciel;
    e premio sublime/ di tanto coraggio/ gli è fulgido raggio/ del Sole eternal.
    Dal cielo, ove godi/ l’eterno sorriso,/ deh! volgi il tuo viso/ su Toro fedel.
    Il vizio c’insidia,/ c’insidia la stampa,/ l’incendio divampa/ dell’odio a Gesù.
    Da smania sfrenata/ del viver pagano/ ci tieni lontano,/ difendici Tu.
    I giovani salva/ da guasti costumi,/ e impetra lor lumi/ che fughin l’error.
    Preserva i costumi/ d’oneste famiglie,/ proteggi le figlie/ da insidie a l’onor.
    A quanti ti pregano/ sii prodigo e buono,/ a tutti fa dono/ di vivido amor.
    E infin della vita/ ci assisti, o Potente,/ ci schiudi il ridente/ soggiorno del Ciel.


Sempre in tema: in risposta al questionario proposto da mons. Agostino Mancinelli, arcivescovo di Benevento, nella sua prima visita pastorale del 1937, don Domenico Polcini, in data 18 agosto 1938, a mo’ di commento del quadro a olio su tela, di ottima fattura e di grande effetto plastico e drammatico, databile alla prima metà del Settecento, raffigurante San Mercurio che uccide con la lancia l’imperatore Giuliano l’Apostata, trascrive parte del suo “Cenno storico di S. Mercurio Martire” pubblicato sulla Novena 1935: “San Mercurio - scrive “l’arciprete del Colle”, - [è] in atto di ammazzare Giuliano l’Apostata, il quale ebbe il reo disegno di colmare d’ingiurie il vescovo di Cesarea, San Basilio, ed anche i cittadini ch’erano cristiani, e minacciò che al ritorno della guerra li avrebbe distrutti. Per questo il santo Vescovo unitamente al suo popolo, unendo alla preghiera il digiuno, meritò di vedere la gran madre di Dio, la quale al soldato Mercurio, già deposto nel sepolcro, comandò che facesse vendetta degli enormi delitti di Giuliano. Il che si ebbe a verificare: si riferisce che presso la città di Cresifonte una freccia scagliata da mano invisibile, non si sa da chi, andò a colpire Giuliano. Ed essendo il bestemmiatore rimasto vivo, in quegli estremi, premendo la mano sulla ferita e facendone spicciar sangue, eruttò l'ultima bestemmia dicendo: Hai vinto, o Galileo, Vicisti Galileae”.

Lo scritto si conserva presso l'Archivio Parrocchiale di Toro.


San Mercurio che atterra Giuliano l'apostata,
tela settecentesca conservata presso la chiesa parrocchiale di Toro



E con questo crediamo di aver dato prova delle doti letterarie del sacerdote collese. Aggiungiamo che i suoi parrocchiani di Toro gli riconoscevano allora e continuano a riconoscergli ancora oggi doti di galantuomo e come tale ancora lo ricordano. Ricordano, inoltre, che da molti paesani era gratificato dell’appellativo di compare. E già, perché avendo impartito il battesimo ai loro figli, gli riconoscevano il titolo di compare e lo rispettavano come tale. Infine lo ricordano abitare una grande casa signorile, che si diceva infestata dagli spiriti. E qui una nota che sembrerebbe essere di colore, di folclore locale e invece si tratta di una pagina di storia, anche drammatica, essendo i fatti rigorosamente accaduti, così come narrati on line in ToroWeb nel racconto La casa della Paura (Toro che non c’è più). Tutto vero, al di là dei nomi lievemente camuffati, ma non tali da non poterli riconoscere: per esempio don Domenico Polcini arciprete del Colle è perfettamente riconoscibile in don Annibale Tacchini, arciprete della Ripa, il cui nome di fantasia è ricalcato su quello reale, grazie alla metrica, don Domenico/don Annnibale, e alle contrapposizioni suggerite dai volatili da cortile, Polcini/Tacchini, e dalle formazioni orografiche del Colle/della Ripa.



Toro Anni Quaranta. Don Domenico Polcini in cotta e stola con San Mercurio
in processione sul Barbacane (Foto Archivio Mercurio Iacobucci)


Anni Quaranta, Seconda Guerra Mondiale.
Don Domenico Polcini con gli occhiali neri, in processione con San Mercurio
in Piazza del Piano, insieme a una folta presenza di soldati, tra i quali si riconosce Michele Iacobacci, u melenare
(Foto archivio Mercurio Iacobucci)



In conclusione, nel nome di don Domenico Polcini, in origine Polcino, figura di contatto spirituale tra Toro e Colle Sannita, ci auguriamo che l’omonimo regista Dominic Polcino e il fratello, anche lui regista, Michael Polcino, si rivelino originari di Colle, quindi compaesani ideali di Gwen Stefani e di John Basilone (i cui antenati, torniamo a chiederci, chissà che non siano anche loro transitati per Toro). Sarebbe estremamente curioso che i Polcino americani, registi dei Simpson, finissero per avere, anche per il tramite di mons. Polcini, arciprete per più di trent’anni in riva al Tappino, una marcata linea di contatto con un altro regista statunitense di cartoon, originario e cittadino onorario di Toro, famoso in tutto il mondo: Steve Martino, noto soprattutto per aver diretto i film Ortone e il mondo dei Chi, L'era glaciale 4 - Continenti alla deriva e Snoopy & Friends - Il film dei Peanuts.


Il regista statunitense Steve Martino, cittadino onorario di Toro, 14 luglio 2016



Se ai loro nomi aggiungiamo quello di Toquinho, ovvero Antonio Pecci, brasiliano e torese anche lui, davvero si fa sempre più bella la schiera di intelligenze originate dal meridione d’Italia in generale e da Toro e da Colle Sannita nel caso specifico.





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