Araldica torese/ 16. Padre Anselmo da Sassinoro e i Tucci
Data: Sunday, 08 November 2020 @ 11:53:10
Argomento: Cultura


Lungo l'arco dei secoli, si sono succeduti nel nostro convento decine e decine di frati francescani, delle cui opere e spiritualità non sempre sono rimaste tracce sensibili. Nel caso di Padre Anselmo da Sassinoro, una bella figura di frate, invece qualcosa per fortuna è rimasta.

L’amico Dante Gentile Lorusso ha pubblicato sul suo profilo Facebook una foto del busto bronzeo di padre Anselmo da Sassinoro, realizzato a suo tempo dallo scultore Giovanni Manocchio.


Giovanni Manocchio, Campobasso 1905-1969,
Padre Anselmo da Sassinoro, busto bronzeo,
Convento Santa Trinità, Sepino



Il frate minore francescano Anselmo da Sassinoro, al secolo Luigi Antonio Apollonio, nato il 25 febbraio 1827 nel paese beneventano, allora facente parte del Molise, morì in concetto di santità a San Martino in Pensilis il 29 febbraio 1896 mentre vi predicava la quaresima. Le sue spoglie, dapprima traslate nel cimitero di Sepino, furono definitivamente sistemate nella chiesa del convento della Santissima Trinità, e onorate del busto di Manocchio. A Sepino, padre Anselmo aveva stazionato una ventina d’anni e si era reso benemerito, tra l’altro, con la fondazione del conventino di Santa Maria degli Angeli, quando gli fu interdetto l’uso del convento maggiore, per gli strascichi della nota legge di soppressione monastica del 1866.

Figura tra le più interessanti del francescanesimo molisano, padre Anselmo da Sassinoro promosse la cultura e le vocazioni, ripristinando la disciplina nelle province monastiche di Dalmazia e di Molise nelle quali operò. Le sue doti di predicatore instancabile lo resero famoso.

Come predicatore quaresimale è ricordato con simpatia anche da Raffaele Capriglione nel capitolo intitolato alla Domenica delle Palme del capolavoro dedicato alla Settimana Santa a Santa Croce di Magliano. Tra l’altro è raffigurato in uno schizzo assai vivido e ben riuscito, assieme, al protagonista Cianno, aiutante sagrestano e alter ego del medico, scrittore e grandissimo disegnatore santacrocese.




Padre Anselmo ha lasciato tracce anche a Toro, dove fu in più di qualche occasione e predicò senz’altro, stazionando nel convento, che in sacrestia ne conserva una fotografia autografata e incorniciata.

È la stessa foto, alla quale lo scultore campobassano si è ispirato per la sua opera, e che una quindicina di anni orsono è stata esposta a Sepino, con altri reperti toresi, per arricchire una mostra dedicata al buon sacerdote.




Nel nostro paese, a ulteriore dimostrazione di come storia, cultura e religione si intreccino e sedimentino nelle abitudini popolari, la memoria di padre Anselmo è mantenuta in vita anche con un soprannome che, storpiandone il nome, ha etichettato un ramo della famiglia Tucci. Non si sa se a originarlo fu un difetto di pronuncia o al contrario le abilità oratorie di un familiare, o una certa qual dimestichezza con il frate o una pretesa somiglianza, certo è che il macellaio Pasquale Patranzèlle (Padre Anselmo, appunto), i suoi figli maschi, anch’essi macellai, Nicola e Antonio, nonché la figlia Maria Nicola e le altre due figlie femmine e i nipoti, come nel caso del dottor Pasquale Tucci, figlio di Antonio, sono stati tutti identificati con questo soprannome, che sarebbe potuto apparire misterioso mentre, al netto della storpiatura dialettale, misterioso non è.





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