Tra San Giovanni e Toro. Un ricordo di Nicolino Di Donato
Data: Thursday, 03 November 2022 @ 08:00:00
Argomento: Cronaca


Un doveroso omaggio a un grande cultore della storia e delle tradizioni popolari della nostra terra: al professor Nicolino Di Donato fondatore del gruppo folcloristico degli Zig.zaghini, scomparso il 28 ottobre scorso alla veneranda età di 95 anni.


Altilia 1975


      Lo si sarebbe potuto credere immortale, perché già c’era quando abbiamo aperto gli occhi e cominciato a guardarci attorno, rimanendo colpiti dalla sua simpatia, dalle sue doti di insegnante e di operatore culturale, di poeta e fine dicitore. Addirittura ammaliati, dall'entusiasmo e dalla vitalità che lo avevano portato a ideare e fondare e quindi, per decenni, ad animare gli Zig-zaghini, il gruppo folcloristico di San Giovanni in Galdo, che in quasi sessant’anni di attività ha fatto conoscere e apprezzare i canti, i balli, le tradizioni contadine della nostra terra non solo in ogni regione d’Italia, e in quasi tutte le nazioni europee, ma anche in Turchia, in Canada, negli Stati Uniti, in Venezuela, in Argentina… Tournée sempre gratificanti, a volte trionfali, delle quali testimoniano le liriche de Il cammino del sole, una sorta di diario di bordo in versi, pubblicato nel 1998, o la miriade di coppe, targhe, premi e riconoscimenti conservati, per meglio dire, stipati a fatica nei locali dell’edificio scolastico del paese. Immortale, perché nel corso dei suoi novantacinque anni di vita, Nicolino Di Donato, o meglio, il professore Di Donato è stato un riferimento costante della cultura molisana, incarnando nel migliore dei modi il genius loci e l’animo del sangiovannaro per antonomasia. E del circondario.

      A provarlo due episodi che spuntano dalla selva dei ricordi. Il primo risale a mezzo secolo fa. Primi Anni Settanta nello storico municipio di Toro, che allora apriva le sue sale e i suoi saloni allo stuolo di invitati al pranzo nuziale imbandito dal celebre cuoco contadino, Zi Jennare Evangelista,in onore dello sposo torese e della zita sangiovannara, che in quell’occasione rinnovavano una tradizione di legami che le due comunità avevano rinsaldato nei secoli e a tutt’oggi tengono ancora viva. Nel pomeriggio avanzato, un tavolo finì per attirare l’attenzione di tutti. E non era quello a cui sedevano gli sposi, ma Nicolino Di Donato e Peppe Laurelli, il professore di San Giovanni e l’ottimo muratore di Toro, impegnati "a cape a cape" in una sorta di singolar tenzone aneddotica e canora, del tutto estemporanea, che attingeva al meglio del repertorio popolare dei due paesi. Un’apoteosi di gioia e convivialità che fece epoca e toccò l’apice con il cavallo di battaglia di Peppe, l’immancabile Mosca mora, al motto di Vetàmmele a zemparèlle e jammecénne, tanto caro a Nicolino.

      Il secondo episodio gli riconosce il merito di aver favorito il radicamento della tradizione della Pasquetta a Toro. A parte alcune sortite occasionali a cavallo tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la Pasquetta torese si è consolidata, infatti, alla fine degli Anni Settanta del secolo scorso, grazie proprio a Nicolino e al suo gruppo, i quali, dopo aver esaurito il giro del canto tradizionale della vigilia dell’Epifania a San Giovanni, si spostavano nel paese vicino per cantare la Pasquetta anche davanti alle case di Maria e di Angioletta, due zig-zaghine della prima ora, che si erano maritate a Toro, e infine davanti alla casa di Salvatore Fracasso, l’amico autista del pullman che aveva accompagnato e accompagnava il gruppo folcloristico in ogni angolo di Italia e d’Europa. Nel silenzio immacolato del cuore della notte, il risuonare di quel canto popolare, che sgorgava all’improvviso, inaspettato, del tutto nuovo e tuttavia delicato, grazie anche all’incanto delizioso dell’introduzione con il mandolino, colpì assai i toresi con la forza di una suggestione assoluta.

      Si sarebbe potuto crederlo immortale, dicevamo. Invece, anche per Nicolino Di Donato, in quest’anno orribile, che giusto dodici mesi fa si è portato via Mario de Lisio, poeta dialettale e fondatore del gruppo folcloristico “Eudolino” di Castellino del Biferno, e appena due settimane fa Giovanni Di Risio, professore a sua volta, poeta e animatore del gruppo folk “Le bangale” di Baranello, è arrivata la parola fine.

      Fine che i compaesani, gli amici, i responsabili e i membri dei gruppi folcloristici, e i parenti convenuti nella chiesa madre di San Giovanni in Galdo, non sono apparsi rassegnati ad accettare. A cominciare da Padre Lino Iacobucci, che nell’omelia ha ricordato le virtù dell’amico e parente, invitando la moglie, le figlie, i nipoti non già a venerarne la memoria, ma a perpetuare la corrispondenza di amorosi sensi con il marito, il padre, il nonno che si è reso invisibile sì per tornare ad abbracciare l’amato Donatino, il figlio scomparso nel 2000, e per continuare a restare al loro fianco.

      A conclusione della celebrazione liturgica, anche don Enzo, parroco di San Pietro a Termoli, ha preso la parola per esternare affetto e riconoscenza nei confronti dell’amico e padre, che a suo tempo aveva tenuto a battesimo l’associazione “‘A paranze”, che ha lo scopo di far rivivere, attraverso danze e canti, la tradizione marinara di Termoli.

      Gli hanno fatto eco, a nome proprio e dell’amministrazione comunale, Domenico Credico, sindaco di San Giovanni in Galdo e, in sequenza, il giovane zig-zaghino, Matteo Fasciano, che ha declamato con ottima dizione una lirica del poeta, e due zig-zaghini “storici”, Donato Daniele e Pinuccio Zampino, assai commossi e commoventi nei loro messaggi di gratitudine perenne. Infine l’omaggio musicale di Guido e Francesca Messore, rispettivamente all’organo e al violino, al suocero e al nonno carissimo, al quale è andato l’applauso di commiato di tutti i presenti in chiesa e sul sagrato, gran parte dei quali con gli occhi velati di pianto.

      Ma il momento più alto e toccante lo si è vissuto poco dopo al camposanto, quando a tumulazione avvenuta, gli zig-zaghini in circolo hanno intonato a Nicolino uno delle sue composizioni più incantevoli, Campenóne du pejése, con il garbo e la musicalità di sempre. Gli zig-zaghini di oggi e di ieri, si capisce, con Guido, Rocco, Antonietta, Maria… Nel tramonto, nell’ora più bella del giorno, nel silenzio mistico che riempie “l’aria di sacro stupore”, mentre la schiera d’angeli lo accoglieva nel cielo “color d’oro”, i suoi ragazzi in coro lo hanno cullato dolcemente, perché chi è immortale si addormenta, non muore..

      Ecche u suone ze fa voce
      che te chiame doce doce…
      Pure u ciele è color d’oro
      dove cantene nu core
      ‘na schiere d’angele pe’ tte...







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