Il presepe con la cascata
Data: Wednesday, 19 December 2007 @ 08:30:15
Argomento: Poesie e racconti


In tema natalizio, con l'augurio che almeno per il prossimo Natale 2008 si torni ad allestire il presepe in una Chiesa Madre finalmente riaperta al culto, pubblichiamo questo racconto del Figlio del Fornaio. Parla delle peripezie esaltanti e con botto finale che portarono alla costruzione di un presepe memorabile una trentina d'anni fa nel cappellone di San Michele.




Noi ragazzi eravamo assidui in parrocchia. Galvanizzati da un giovane missionario, ci riunivamo periodicamente con l'aspirazione a vivere integralmente il Vangelo. Il parroco era molto felice di vederci riuniti nella sua modesta canonica e sentirci raccontare le nostre esperienze religiose piuttosto edificanti. Non si potè quindi deluderlo quando ci propose di preparare un presepe in chiesa per l’imminente Natale.

Ci mettemmo in moto: alcuni di noi andarono sotto la ripa per prelevare chili e chili di muschio, altri raccolsero ciocchi tarlati per utilizzarli a mo' di monti, altri si organizzarono per costruire case e castelli col cartone. Fernando, da buon inventore ed esperto elettricista, si industriò per animare con effetti speciali il fondo del cielo del presepe, che si espandeva per tutto il cappellone di san Michele. In una bacinella satura di sale faceva affogare delle lunghe lamelle di rame, che animate da un motorino elettrico, provvedevano a far accendere alternativamente varie luci sullo sfondo di due enormi lenzuola, che avevo prelevato furtivamente dal corredo di mamma.

Grazie alla mia fantasia e alla mia megalomania mi organizzai per arricchire quel presepe con una grande cascata e un lungo e tortuoso fiume, che terminava la sua corsa proprio davanti alla grande capanna della sacra famiglia.
Per fare ciò prelevai una potente motopompa, che mio padre utilizzava per attingere l’acqua dalla neviera.

Quando, dopo giorni faticosi, quell’opera grandiosa fu terminata, non credevamo ai nostri occhi. Avendo ammantato tutti i finestroni della chiesa con panni neri, nell’oscurità del cappellone di San Michele si ammirava ciclicamente l’aurora, il giorno e la notte in un gioco di luci incredibilmente suggestivo che abbracciava in un canto il castello fantasmagorico di Erode, e dall'altro la capanna della Natività. Al potere del mondo e dello sfarzo perduto sulle montagne di sacchi e gesso si contrapponeva, in basso, in un contrasto di grande forza scenica, la rassicurante povertà del Bambinello divino.

Quando poi si accendeva l’interruttore della pompa, una vorticosa cascata animava un fiume tumultuoso, che al solo rumore dello zampillio dell’acqua, sarebbe stato sicuro richiamo per i fedeli presso la capanna della natività.

Don Camillo era visibilmente emozionato per quel capolavoro, ma ci esortò a non far funzionare la cascata durante i riti liturgici perché il rumore dell’acqua si riverberava per tutta la chiesa disturbando i fedeli.

Ubbidimmo alla sua richiesta, ma gli disubbidimmo proprio il giorno di Natale perché la calca dei fedeli riversatasi presso il presepe esigeva lo spettacolo completo. Qualcuno di noi, fiero dell'opera compiuta, mise in moto la motopompa che, grazie ai suoi due cavalli di potenza, animò la grande cascata. Naturalmente avevamo collaudato tutti i vari meccanismi più volte, ma non avevamo considerato un imprevisto: il cesto delle offerte dei fedeli posto davanti alla grotta, sotto la quale si celava una grande conca, che raccoglieva tutta l’ enorme massa d’acqua. Quel cesto a Natale si riempì inverosimilmente, quando fu colmo, alcune residue monete finirono nella sottostante conca, ostruendo il tubo della motopompa.

Mi trovavo in piazza ad aspettare alcuni parenti, quando fui avvertito con grida isteriche di recarmi subito in chiesa perché si stava paurosamente allagando e nessuno sapeva interrompere quel diabolico meccanismo. Raggiunsi in un baleno la chiesa. Il presepe era devastato da una inondazione biblica. Con somma cautela chiusi tutti i comandi elettrici per scongiurare ulteriori pericoli, poi, nell’imbarazzo più completo, munito di secchio e stracci, cominciai a raccogliere l’acqua riversatasi sul pavimento, mentre alcuni fedeli mi guardavano a muso duro per quel fuori programma offerto loro proprio nella solennità della messa cantata di Natale.

Il figlio del fornaio





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