A Rrebbetélle (A Ripitella)
Data: Friday, 18 January 2008 @ 12:55:04 Argomento: Poesie e racconti
Continuando la sua raccolta di versi in dialetto sulle contrade dell'agro torese, la nostra amica Musa pensosa sottopone alla nostra attenzione una riflessione sulla miseria di un tempo. In particolare su una delle tante brutte sorprese che il destino riservava alla povera gente.
Cari amici, miseria e fatica sono state il pane quotidiano delle vecchie generazioni e i nostri nonni lo ricordano fin troppo bene quel triste binomio!
Le bocche da sfamare a quei tempi erano sempre tante, troppe e molte volte non bastava il solo raccolto, frutto del duro lavoro dei campi, a mandare avanti la baracca; così, chi non aveva la fortuna di possedere una scrofa con tutti i suoi piccoli, acquistava uno o due maialini e li allevava, sperando di ricavarne il necessario per sopravvivere. La malasorte, però, era sempre in agguato: ogni tanto ne moriva uno all’improvviso e una grande sciagura si abbatteva sulla casa di chi, dopo aver fatto enormi sacrifici per acquistarlo quel maiale, alla fine si ritrovava senza “carne” e senza “roba”.
Ma a tessere la trama della malasorte non era solo il destino. Spesso, infatti, mancavano sia il cibo, sia le cure veterinarie indispensabili per la salute di quegli animali.
Morto uno, era praticamente impossibile comprarne un altro: i soldi erano finiti ormai, e quella era la disperazione più grande, soprattutto per chi quei soldi li aveva dovuti chiedere in prestito. E allora, l’evento luttuoso faceva davvero sprofondare il poveretto nel baratro più totale.
Un giorno mia nonna, con voce sommessa, mi raccontò di quella volta che entrò nella stalla e quasi le si fermò il cuore quando vide a terra esanime “quillu bèlle perchjtte”. Rivedo ancora i suoi occhi lucidi di commozione, perchè con quegli stessi occhi lei lo aveva cresciuto quel povero maiale, sperando di poter pagare finalmente tutti i suoi debiti a lavoro ultimato. Ed ora, invece, un destino impietoso le si era rivoltato contro.
Ma a quei lutti, sfortunatamente, mia nonna dovette abituarsi perchè negli anni successivi fu colpita più volte dalla stessa disgrazia.
A lei dedico con affetto questo mio limerick.
Distinti saluti
Musa pensosa
A Rrebbetélle
U iette a ddice a mamme a Rrebbetèlle:
- U púrche è mmúrte e mo’ si’ peuerèlle!
Perdúte carne e rròbbe
n’a pu’ ‘ddrezza’ ‘ssa gòbbe,
sèmpe chiù stracche e strútte a Rrebbetèlle.
A RIPITELLA. Andò a dirlo [di corsa] a mamma a Ripitella: / - Il [tuo] maiale è morto e adesso sei poverella [non hai più niente]! / Dopo che hai perso carne [il maiale] e roba [i pochi soldi che avevi] / non la puoi più drizzare questa gobba [schiena incurvata], / sempre più stanca e distrutta [dal lavoro] a Ripitella.
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