“Donna ecco tuo Figlio”, lauda di frà Gaetano Jacobucci
Data: Thursday, 28 February 2008 @ 23:41:11
Argomento: Poesie e racconti


In occasione della Pasqua 2008, padre Gaetano ci dona una sacra rappresentazione, in forma di poetica lauda medievale, illustrata da alcuni suoi disegni della Passione.



La lauda medievale. La lauda, spesso musicata e cantata, si diffuse nei secoli XIII e XIV. Le laude sono espressione della vivacità del sentimento religioso popolare lungo quei secoli e sono legate ad alcuni movimenti religiosi, come quello dei Battuti o Flagellati, o altre confraternite. Se ne conservano numerose anonime; molte furono composte da poeti colti, il maggiore è Jacopone da Todi. Già nel Duecento dalla lauda si sviluppò la lauda drammatica, nella quale sono introdotti due o più interlocutori dialoganti tra loro; tali laudi hanno grande importanza, in quanto costituiscono il primo germe del successivo teatro religioso o sacra rappresentazione.



La spiritualità Francescana. Nell’Umbria del XIII secolo fiorì la poesia italiana delle origini. Il conflitto tra il papato e l’impero, che caratterizzò politicamente quell’epoca, si ramificò nelle discordie che esplosero entro le mura delle città, fra sostenitori dell’uno e seguaci dell’altro potere. In questo tragico infuriare di passioni si levò il canto della pace. Il Cantico delle Creature di Francesco d’Assisi è la contemplazione gaudiosa dell’opera divina. Lauda radiante di sole, luminosa di clarità di stelle, ricca di vario colore delle stagioni, che alternandosi,vestono di sempre nuove sembianze la terra, è una giusta adesione della volontà dell’uomo alla volontà di Dio.
Il Cantico delle Creature è vita che si fa parola di poesia.



Jacopone da Todi. La poesia di Jacopone è realtà ancora naturale, non ancora spiritualizzata dall’arte; è materia greggia, tutta discorde, che li dà alcuni tratti bellissimi, niente di finito e di armonico (De Sanctis).
Quanta allegrezza è nel Cantico tante le Laudi sono percorse da un turbinoso spavento. Il tremore caldo dell’adorazione francescana, in Jacopone è diventato spasimo (M. Bontempelli).
Jacopone riflette la vita italiana sotto uno degli aspetti più drammatici che lo coinvolgono, con sincerità e verità, sentimento che non trovi in nessun trovatore.
È la passione spirituale nella sua prima e natia espressione, come si rivela nelle classi illetterate, senza nube di teologia e di scolasticismo e portato fino al misticismo e all’estasi (De Sanctis).



La Lauda “Donna ecco tuo figlio!”. La forma poetica si rifà al verso sciolto tipica della poesia del XX secolo.
La musicalità ricercata è espressa da reminiscenze classiche e da forme poetiche Romantiche. L’universo su cui il poeta si sofferma, come su una soglia, per contemplare il mistero dei sentimenti dei vari personaggi è vario, sconfinato.
I versi mantengono qualcosa dell’alba, dei suoi palpiti, le parole sono d’aria e sprigionano brividi in chi legge.
Di fronte ad ogni personaggio si ha l’impressione di una rilettura dei testi sacri, che diventano vibrazione ascetica e approdano alla mistica pura.
E, dove non arriva la parola, accade l’accennare lo sguardo, il silenzio, il gesto.
Lo svolgimento dell’azione scenica è accompagnato dal CORO.
Nelle varie parti, com’è suddivisa l’opera, accompagna i personaggi e quasi ne precede il sentire. L’emotività del dramma vissuto, che diventa sera di passione e ricordi letti quasi un voler fermare il tempo:
”la notte/in profondo sonno/sprofonda:/tutto è immoto/..”
Il personaggio MADDALENA rilegge la storia della Salvezza in chiave personale ma proiettata in un coinvolgimento degli ascoltatori:
”Nel tumulto/dispersa,tra moltitudine/urlante, allor/che a suon di tromba/dalla balaustra/s’erge il mio Signor./…”
Scena e teatralità che non disdegna affatto le cadenze di Jacopone, ma rilette con sentire nuovo.
“Belano gli agnelli.
La notte
il lor belar
dal sacro tempio
Il cor trafigge.
Vedete:
ecco l’agnello!
Addosso ha il fio.
Porta la colpa antica
qual laccio al collo.”
È sulle labbra di Giovanni che l’autore pone il tema della Pasqua. Il sacrificio degli agnelli, il capro espiatorio abbandonato nel deserto, diventa la lettura della redenzione compiuta dall’agnello immolato verso il quale si protende lo sguardo:”Visto l’abbiam sospeso, / sfigurato, piagato, / trafitto /.A lui rivolti / gli occhi /,invano a consolar / sua pena./”
Se Giovanni può narrare l’esperienza della sua intimità con il Maestro, la Madre esprime dei moti interiori di mistica sublime. Leggere l’esperienza dell’annunciazione è solo un esempio di quanto l’Autore è andato contemplando: “Un impetuoso Spirito /i passi miei, /la mente e il cor/infiamma. /Forza e vigore /ad affrontar /la prova del dolor /sempre m’appresta…….”. “Madre mi rese/il Verbo accolto, / Madre mi rese /e nel silenzio intenta,/con stupor,/racchiudo in seno.”

Il tema della Lauda viene racchiuso dall’intervento finale del CORO:
“A noi dischiudi
i tesòr del tuo amor
Materno e insieme
Al Figlio disseta i figli,
che in te fiducia
chiedono oppressi.
Dispersi
Nel pellegrinaggio,
randagi,
poiché caligine
la via rende
ancor più oscura.
A noi mostrati
Madre!”
Spaziando tra le pagine dalla Scrittura, l’autore si profila a contemplare la Donna dell’Apocalisse, affidando a Lei la Speranza.



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