Chiara Lubich, ispiratrice dei miei sentimenti religiosi
Data: Wednesday, 19 March 2008 @ 12:19:51
Argomento: Cultura


Tv e giornali hanno dato ampio risalto alla scomparsa Chiara Lubich, 88 anni, fondatrice del Movimento dei Focolari. Chiara è stata una persona speciale che ha contato non poco nella nostra vita e nella vita di altri amici toresi. Pubblichiamo un intervento di Vincenzo Colledanchise che fa il punto sulla sua esperienza giovanile in paese, dopo l'incontro con l'ideale dei focolari, propugnato da Chiara. Crediamo che molti di noi possono specchiarsi nell'esperienza di Vincenzo.



Il nostro parroco aveva organizzato per il paese una missione tenuta dai padri oblati di Ripalimosani. Per noi ragazzi, che avevamo vissuto attivamente il 68 ci sembrò retaggio pre conciliare, per cui eravamo prevenuti su tale iniziativa.

In effetti sembrava essere una missione come le altre, che per una settimana tiene desta tutta la collettività, ma dovemmo rettificare il nostro pregiudizio perché, insieme a al vecchio Padre Abramo, notammo un bel giovane missionario alto e slanciato, dalla barba bionda e dagli occhi verdi, che agli occhi delle ragazze era uomo seducente, per noi maschi ci ricordava la tipica fisionomica figura del Cristo.
Ci raccontò in seguito che proveniva da Belluno, ed insieme ad altri giovani missionari era ispirato dall’Ideale dei cosiddetti focolarini. Con i suoi occhi lucenti e il suo sguardo penetrante ci parlava del vangelo e di Gesù come mai avevamo inteso udirlo. Solo qualche anno prima avevamo vissuto il sessantotto con l’irruenza e la rabbia di rivoluzionari pronti ad abbattere tutto ciò che era vecchio ed anacronistico ormai. Ci sembrò quindi sfida ardua allorché quel giovane voleva riproporci il Vangelo come vera rivoluzione per se stessi e per la società tutta.

Con i nostri pregiudizi, ma anche con la nostra leale generosità giovanile ascoltammo per giorni Padre Ettore Handrich che ci parlava, rapito, di “amore scambievole” , di “Gesù abbandonato” ispirandosi agli insegnamenti di una giovane donna trentina: Chiara Lubich, raccontandoci che, durante la seconda guerra mondiale, a Trento, sotto i bombardamenti che facevano crollare ogni cosa, Chiara, allora poco più che ventenne, in quel clima di odio e violenza, sperimentò l'incontro con Dio Amore, l’Unico che non crolla. Una scoperta da lei definita "folgorante", "più forte delle bombe che colpivano Trento", subito comunicata e condivisa dalle sue prime compagne. La loro vita cambiò radicalmente. Sulla tomba, se fossero morte, avrebbero voluto vi fosse un’unica iscrizione: "E noi abbiamo creduto all’amore".

Questa scoperta aprirà l'orizzonte divenuto lo scopo della loro vita: concorrere ad attuare il testamento di Gesù "che tutti siano uno", il suo progetto di unità sulla famiglia umana. E’ inutile dire che fummo tutti folgorati da quelle parole facendoci vivere un clima nuovo in parrocchia tra noi ragazzi e ragazze nella promiscuità, non più vista come solo opportuno e utile momento aggregante tra maschi e femmine , ma per la prima volta ci sentivamo veramente fratelli e sorelle.

Ricordo di padre Ettore, allorché rimase a dormire in casa mia, per la neve che aveva bloccato la strada del ritorno a Ripa, che mi parlò di Chiara per ore e che, infine, dalle due alle quattro di mattina ebbe a confessarmi. Era la prima volta che lo facevo nel caldo e comodo letto e per ore.
Un’altra volta mi condusse pian pianino fino alla lontana contrada della Costa e lì, sotto una enorme quercia, ebbe a parlarmi rapito dell’Ideale dell’UNITA’.

Non fu difficile in quel contesto veramente rivoluzionario influenzare pure il vecchio parroco che, addirittura, ci permise incontraci presso la sua povera e disadorna canonica per parlare dell’Ideale di Chiara e cantare i bei canti GEN tutto sotto la guida di Giovanni Mascia.

La missione finì dopo la bella settimana trascorsa con i padri Oblati ma non finì la vera missione di P. Ettore, il quale ebbe ad invitarci , alcuni di noi, in una Mariapoli, che si teneva a Potenza. Non avevamo soldi e lui ebbe ad elemosinare per noi presso altri preti affinché potessimo anche noi essere ospiti per una settimana di quel convegno ecclesiale un po’ strano.
Si , molto strano, ad iniziare dai perenni e copiosi sorrisi dei partecipanti che mi incuriosirono molto. E poi quell’ aria fraterna : abbracci senza fine, modo pacati e miti nei rapporti, accortezza e sensibilità estreme. Insomma, devo confessare che quel clima mi mise a disagio, era controproducente per me, per gli altri miei compagni addirittura quel modo di fare fu ridicolizzato.
Però ero ospite, senza spesa alcuna, di quel convegno, e come prima cosa ebbi a confessarmi per liberami dei lacciuoli dei miei pregiudizi.
Avevo fatto bene perché rivedevo quei volti in maniera non preconcetta e, anzi, mi misi al loro gioco. Il secondo giorno fu proiettato un filmato dove Chiara ci parlava della Carità, commentando il famoso passo paolino.
Lo sguardo limpido e sereno, gli occhi scintillanti, la sua voce sibillina ma ferma, mi galvanizzarono facendomi riscoprire radicalmente il Vangelo.
Chiara, con la sua risposta radicale a Dio Amore, alla scuola del Vangelo, aveva dato il via ad una nuova corrente di spiritualità, la spiritualità dell'unità, che, essendo incentrata sull’amore e sull’unità, iscritti nel DNA di ogni uomo , si è rivelata sempre più universale. Infatti, in questa nuova spiritualità, che era nata nella Chiesa già nel dopoguerra, troverà linfa vitale un numero sempre maggiore di uomini e donne delle più diverse categorie sociali, età, razze e culture. Dopo alcuni anni, ai cattolici si uniranno altri popoli di altri religioni fino ad espandersi in tutti i continenti.

In seguito, durante il servizio militare, quando facevo il paracadutista a Pisa, mi spinsi fino a Loppiano per vivere la più bella domenica della mia vita. Ero salito a piedi per l’irta strada che conduce da Incisa Valdarno fino al Centro Mariapoli insieme ad un gruppo di svizzere, danesi, e americane, con la curiosità di vedere cosa si facesse in quella Mariapoli perenne. Bastò poco per capire che lì, vivendosi integralmente il Vangelo con Gesù in mezzo, mi ero immerso, almeno per un giorno, in paradiso, dove né la lingua, né lo stato sociale, né l’età, né il sesso, né la stessa religione possono divenire barriere per noi uomini del duemila assetati di verità e di concordia nonché di pace universale.

Vincenzo Colledanchise





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