Il Miracolo di San Giuseppe a Toro
Data: Thursday, 19 March 2009 @ 07:43:33
Argomento: Tradizioni e feste


Nella ricorrenza liturgica di San Giuseppe (a proposito auguri a tutti i Giuseppe, Seppe, Peppe, Peppino, Peppinello, Pino nonché Giuseppina, Seppa, Giusy, Peppina, Pina di casa nostra), ripresentiamo un vecchio scritto del Paesanino. La vicenda è realmente accaduta a Toro a cavallo tra Fine Ottocento e inizio Novecento, quando la devozione e il convito di San Giuseppe erano davvero diffusi e sentiti.


Una pioggia di monete


Fagioli, broccoli di rape, vermicelli con le alici, maccheroni con la mollica, baccalà origanato, calzoni con pasta di miele e ceci… Niente, quell’anno non se ne sarebbe parlato. Dopo circa un secolo, era arrivato il momento che non sarebbe mai dovuto arrivare per quella casa. Il tempo di dire basta alla tradizione del convito, della devozione a San Giuseppe. Amici e parenti e poveri che dopo l’inverno tornavano immancabilmente a bussare alla porta, l’avrebbero trovata chiusa.

E chiusa sarebbe rimasta. E come avrebbero potuto aprirla se la grandine, la malattia e i figli costretti a traversar l’oceano in cerca di che vivere avevano spogliato la casa? Con che cosa avrebbero dovuto imbandirlo, il convito? La pila dell'olio, le botti di vino, il cassone del grano: tutti vuoti.

I paesani sapevano. Alla padrona di casa non restava che passare le giornate di vigilia in chiesa in adorazione del Santissimo Sacramento, lei che negli anni passati non trovava requie a mondare faglioli, scegliere rape, impastare il pane per la mollica, dirigere le stuolo di comari per casa. Così il marito. Trascinava mestamente i suoi passi come l’ombra dell'uomo che indaffarato a travasare vino, a trasportar legna per il focolare e il forno, a correre a Campobasso per la miglior partita di baccalà, trovava a malapena la mezz’ora per confessarsi e comunicarsi nella messa per soli uomini, la sera prima della festa.

Pregava la moglie, pregava il marito: - Purtroppo è andata così. Perdonaci San Giuseppe!

E San Giuseppe non solo li perdonò. Volle imprimere sulla loro casa desolata il segno della sua paterna benevolenza. Quale non fu la loro sorpresa quando, al rientro delle “Quarant’ore”, trovarono sul pavimento della cucina una pioggia di monete di rame. Non una fortuna: giusto il denaro per approntare in tutta fretta il convito degno della tradizione di famiglia e accogliere con lieto viso gli ospiti di sempre.

Il miracolo di San Giuseppe, si disse in paese. Un miracolo che si ripeté negli anni successivi con le rimesse dei figli all’estero. Ma ci fu anche chi, meno devoto degli altri, tolse la paternità del miracolo a San Giuseppe e l'assegnò a un misterioso benefattore. Sia pure. Non fu meno mirabile il prodigio se quell'uomo, dopo aver lanciato le monete di rame dalla porticina del gatto, scelse di rimanere per sempre nell'ombra, rinunciando al piacere di godere della riconoscenza dei vicini e del plauso dei compaesani.

Paesanino





Questo Articolo proviene da TORO Web
http://www.toro.molise.it/

L'URL per questa storia è:
http://www.toro.molise.it//modules.php?name=News&file=article&sid=768