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Notizia numero 642 Toresi intraprendenti. Giuseppe Paventi, 74 anni, alunno di un liceo romano con l'obiettivo di una laurea in lettere

Intervista esclusiva al "Verrazanonews" da parte di un “alunno” di 73 anni [ora 74 anni, l'intervista risale al marzo dello scorso anno] iscritto al corso serale Sirio. Tanta amarezza, un solo sogno: “studiare per ritrovare la pace interiore e raggiungere un obiettivo prioritario: la cultura come arma contro la disperazione”.

A cura di Roberto Maurizio (titolo originario Lacrime da Praga. Un sogno nel cassetto, in "Verrazanonews", Pubblicazione ufficiale dell’Itc, Liceo Economico Statale
“Giovanni Da Verrazano” - Roma, Anno V - numero 1, marzo 2005)




D. Che cos'ha fatto nella sua vita?
R. Nell'infanzia ho fatto il contadino, dopo il barbiere e il parrucchiere, ed oggi, in età avanzata, frequento il terzo anno della corso serale Sirio Igea del Liceo Economico “Giovanni Da Verrazano”.

D. Dove e quando è nato?
R. Sono nato a Toro, provincia di Campobasso il 16 marzo 1932.

D. Perché si è iscritto proprio nel nostro Istituto?
R. Ho sentito parlare molto bene dell'Istituto “Giovanni Da Verrazano”. Un Istituto che dà la possibilità a tutti, agli alunni giovani che hanno perso per molti motivi anni di scuola, ed anche ai lavoratori e addirittura a me che sono pensionato di ritrovare un loro percorso. Gli insegnanti sono disponibili al dialogo, sono comprensivi. Ho scelto questo Istituto per imparare e per non rimanere analfabeta, perché non bastano i soldi nella vita. Occorre anche la cultura che ti rende libero e ti dà la voglia di lottare fino in fondo per raggiungere gli obiettivi più nascosti.

D. Qual è il suo rapporto con i giovani?
R. Mi sento giovane con i giovani e i giovani mi apprezzano per il mio passato e per il presente costellato da tanti sacrifici. A novembre del 2004, ho avuto un momento di debolezza. Non credevo di potercela fare. Ho preso contatti con le scuole private per poter più agevolmente emergere. È stata proprio la mancanza della presenza dei giovani che, anche nei loro limiti, mi ha trasmesso una carica emotiva che Sono tornato a frequentare le lezioni del nostro Istituto e oggi mi trovo a Praga in un viaggio d'istruzione che mi ha portato a capire di più i giovani.

D. Ma veramente li capisce i giovani?
R. A volte no. Quando si sentono superiori e non riconoscono la validità del vivere civile, io non ci sto. Ci sono delle regole da rispettare. Ad esempio, riconoscere un diritto elementare, quello più semplice: la libertà individuale. Quando non si capisce che rispettare se stessi e rispettare gli altri è un momento di civiltà individuale e collettiva, io non ci sto.

D. Quali sono le materie che preferisce?
R. L'italiano e l'inglese. Ho qualche difficoltà con la matematica. A 73 anni si trova facilmente qualche difficoltà di comprensione in questa materia. Ho una passione per la lingua italiana ma, mi piace anche l'economia aziendale, e se fossi giovane avrei scelto la facoltà di “Economia e commercio”. Una volta preso il diploma in questo magnifico Istituto, voglio laurearmi in lettere.

D. E' questo il suo sogno nel cassetto?
R. No. Ho in mente, una volta laureato, di scrivere un libro sulla mia vita. Infanzia, gioventù, persona adulta e vecchiaia. Vorrei scrivere da solo la mia biografia in quattro volumi. Per questo voglio apprendere, per scrivere da solo, no sotto dettatura e con correzioni esterne. È un sogno che realizzerò perché credo che i sogni si avverano quando si crede fortemente di poterli realizzare.

D. Che cosa si ricorda del suo paese?
R. Io lavoravo solamente, non conoscevo nessuno. Mi alzavo alle 4 di mattina e tornavo alle 10 di sera. Ho sempre camminato a piedi fino a quando non presi la “littorina” (ndr: il treno che collegava Termoli a Campobasso, di facile etimologia dell'era fascista) per fare il militare. Mia zia voleva che sposassi una ragazza di sua conoscenza. Non accettai. Successivamente, feci il militare a Roma.

D. Che cosa ricorda di Roma?
R. Una città stupenda. Ma piena di insidie. Mi ricordo che tra i miei clienti c'erano dei militari dell'arma dei carabinieri. Loro conoscevano me, io no. In quel periodo, come succede adesso, gli immigrati senza lavoro e un domicilio proprio non potevano rimanere a Roma.
Una volta mi accompagnai con degli amici calabresi senza Permesso di soggiorno vicino Porta Maggiore. Il militare che mi riconobbe mi disse di tornare a casa. I miei due amici calabresi ebbero il foglio di via, io no.
È questo il segno del Signore che mi ha sempre protetto perché io l'ho sempre rispettato.

D. Tornando in Molise, negli anni 30 e 40, c'è un motivo che riporta indietro la sua memoria? Un volto, un cibo, un sapore, un profumo?
R: Quello che mi ricordo è solo una tristezza. Durante la Guerra ho sofferta la fame. Mangiavo l'erba nelle campagne. Camminavo scalzo e avevo le piaghe nelle palme dei piedi. Uno squallore che non mi consente un buon ricordo. Ma io credo nella Provvidenza. Altre piaghe segneranno la mia vita, sempre nelle gambe. Fare il barbiere e restare in piedi per 9, 10, 15 ore al giorno non è affatto piacevole. Ho fatto questo per i miei figli, per la mia famiglia. Ma talvolta le porte si chiudono. Io sono sicuro che sarò in grado di aprire un grande portone.
Il mio diploma capulterà la mia vita verso un nuovo mondo, grazie al contributo del Liceo Economico “Giovanni Da Verrazano” e dei vostri ammirevoli insegnanti.





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