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La pernacchia di Zi Cola Mezzetto (Toro d'una volta) |
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![]() Subito dopo la seconda guerra mondiale, i ragazzi non avevano molte occasioni per divertirsi. La televisione non era stata ancora inventatia. Computer e cellulari nemmeno sognati. Automobili, moticiclette, biciclette erano un lusso che nessuno poteva permettersi. Soldi non ce ne erano. E allora, meno male che c'era la banda. Anzi il Gran Concerto Musicale Città di Toro...
 Locandina del Concerto Musicale (Molisano) con sede in Toro, fondato nel 1924
Per le prove c’erano i frantoi, in dialetto i trappeti. Il più comodo di tutti era quello di Salvatore Nicolino. Aveva il pregio di essere in piazza e quindi facilmente raggiungibile da tutti i bandisti, in realtà contadini e artigiani (artieri), che avevano imparato a soffiare in clarini, trombe e tromboni per arrotondare le misere entrate familiari.
L’Oratorio poi era il non plus ultra. Altrettanto centrale come il trappeto di Salvatore, l’Oratorio aveva in più banchi per i musicanti e basamenti dell’altare a disposizione del maestro chiamato a dirigere le prove del Gran Concerto Musicale Città di Toro. Il maestro era sempre lui, Antonio Di Fabio da Castellino del Biferno, più volte citato nel corso di questi bozzetti di vita paesana. Orecchio raffinatissimo e nervi a fior di pelle, sempre sul punto di spezzarsi.
Noi ragazzi non aspettavamo altro. Ce ne restavamo zitti zitti, appena dietro la porta, sui gradini che immettevano nell’Oratorio, ben sapendo che al minimo accenno di qualche nostra intemperanza saremmo stati sbattuti fuori e allora addio al divertimento di tutte quelle facce stanche e semiaddormentate che sbuffavano, meno a loro agio a sera con diesi e bemolli, che di giorno con seghe e martelli, zappe e bidenti.
Quella volta, nel pieno di un accordo ad organico pieno, di quelli che facevano la nostra felicità e degli spettatori durante i concerti in piazza, partì una sorta di pernacchia acutissima che lacerò le orecchie di tutti i presenti. Il maestro Di Fabio azzeppatte la bacchetta sul leggio e nel silenzio calato all'improvviso fulminò con lo sguardo il povero Zi Cola Mezzette.
- Nicola, che nota hai fatto?, gridò di un empito di rabbia a malapena trattenuta.
Con il trombone a mezz’aria e l’aria di uno scolaretto che non aveva imparato la lezione, Zi Cola provò a rispondere. E disse:
- La nota l’ho fatta io. Ma il maestro siete voi!
Forse per dire che la colpa era comunque del manico. O forse per aggiungere: - Quindi che nota è, non tocca a me dirlo ma a voi. Comunque sia, non ebbe il modo e il tempo di farlo. Era successo il finimondo. Il maestro ad urlare. E tutti gli altri a sghignazzare. Urla e risate. Più risate che urla. Ma quello che successe dovemmo immaginarlo. Qualcuno ci aveva immediatamente sbattuti fuori dall’Oratorio. Quella sera del tutto ingiustamente.Giovanni Mascia *
* Protagonista di questo aneddoto è Romano Quicquaro, allora ragazzo, il quale me lo ha raccontato, mentre ascoltavamo la banda di Conversano in piazza del Piano a Toro, durante l'ultima festa di Sant'Antonio, il 15 giugno 2013.
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Postato il Mercoledì, 18 settembre 2013 @ 00:00:00 di toroweb |
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