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Lunedì, 03 giugno | · | Lutto, è deceduta Assunta Colicchio |
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Mercoledì, 01 maggio | · | Lutto, è deceduta Raffaella Lega |
Martedì, 30 aprile | · | Lutto, è deceduto Mario Marcucci |
Martedì, 23 aprile | · | Lutto, è deceduto Giuseppe Miraglia di anni 61 |
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Una casa di appuntamenti sui generis (Toro che non c'è più) |
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Pubblichiamo volentieri un secondo racconto di Vincenzo Colledanchise, che è un po' la continuazione del primo dedicato al padre impegnato nella costruzione della Fondovalle del Tappino. Siamo sempre fermi a circa mezzo secolo fa: altro mondo e altri uomini, dicevamo in occasione del primo racconto, pubblicato quindici giorni addietro. Altre donne, aggiungiamo adesso.
Un bel gruppo di ragazze toresi di qualche decennio fa
Mio padre era il rifornitore e l’ingrassatore delle ruspe, quindi amico e confidente di quei bei giovani che manovravano i grossi mezzi meccanici con assoluta padronanza del mestiere, seppure le asperità dei nostri colli imponeva loro di effettuare complicate e ardite manovre per appianare il terreno lungo il tratturo, dove sarebbe passata la nuova strada.
Provenivano dalle Marche e la loro permanenza in terra molisana fu molto lunga. Qualcuno di loro chiese a mia madre, divenuta intanto la loro lavandaia, se poteva presentar loro qualche ragazza del paese.
Si era nei primi anni Sessanta e dare una risposta favorevole alla richiesta non era affatto agevole per l’innata, secolare diffidenza verso i forestieri. Quelle nostre ragazze timide e circospette erano ligie al detto ”Mariti e buoi dei paesi tuoi”.
Comunque la mamma non volle deludere quei forestieri e si industriò per servirli. Avevamo di fianco casa un fondaco buio e sconnesso dove riponevamo granaglie e frutta secca. La mamma pensò di utilizzare quel posto per gli incontri segreti serali. Tali erano gli appuntamenti per il divieto assoluto dei genitori delle ragazze di proferir parola con uomo alcuno, figuriamoci se forestiero poi.
Mamma contattava le ragazze e le smistava ad una ad una presso il fondaco, fin quando uno di loro, approfittando del buio del locale, facendosi alquanto audace e accelerando tutti i tempi, credette opportuno fare tutto in quella ghiotta occasione.
Fu questo il motivo per cui mamma, in seguito, accompagnò le ragazze nel fondaco, reggendo in mano una candela per non dar adito a quegli spiacevoli inconvenienti.
Una sera, non visto, mi intrufolai furtivamente nel fondaco e mi misi a rimirare quei volti illuminati dal lume di candela che dicevano di promettersi amore eterno. Ero stupefatto nell’udire frasi per me banali e che accendevano, invece, i volti di quelle ragazze. Mentre gli uomini, che io tanto ammiravo, con i quali avevo preso confidenza, accompagnandomi con loro sulle ruspe, nel fondaco mi parvero decisamente ridicoli con i volti stranamente tirati e le loro dolci frasi balbettanti, che parevano poesie mandate a memoria.
Fu allora che scoprii tutta la fragilità maschile quando ci si pone a dover esternare i propri sentimenti davanti ad una donna. Per quanto mamma origliasse, essendo al centro del fondaco con la sua candela, e badando a più di una coppia contemporaneamente, non riusciva ad indovinare quale esito avrebbe preso quel primo incontro d’amore. Era più agevole, davanti al camino, all’indomani, raccogliere tutte quelle confidenze direttamente dalle interessate, che puntualmente riferivano le loro prime impressioni sui loro rispettivi cavalieri. Il compito di mamma allora si faceva arduo e qualche volta antipatico, perché doveva riferire lei a quegli uomini sull’esito dell’incontro e sul parere favorevole o sfavorevole delle ragazze con le quali si erano intrattenute la sera prima.
Ricordo lo sgomento e la delusione di Guido, che era entrato nelle grazie di Antonietta, ma a nulla valsero le suppliche di costei al padre affinché le permettesse di amare quell’uomo. Alla delusione di Guido, seguì l’aspro rimprovero di quel severo genitore a mia madre, che era stata l’artefice del loro primo incontro.
Costui rivelò la “tresca”, così la definì, che avveniva nella nostra improvvisata casa di appuntamenti anche agli altri genitori e, solo per miracolo, non ne seguì il linciaggio di mia madre. Da parte delle altre mamme cominciò allora un lungo linciaggio verbale verso mia madre, rea di voler mandare le loro ragazze a vivere addirittura nelle lontane Marche.
Vincenzo Colledanchise
Clicca e leggi pure l'altro racconto, dedicato da Vincenzo al padre che lavorava per la costruzione della Fondovalle Tappino
Nota: Si prega di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons
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Postato il Sabato, 25 settembre 2010 @ 15:50:50 di giovanni_mascia |
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