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Il Barbacane: è la vera caratteristica di Toro? |
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Caro Giovanni, dopo il suggestivo articolo in cui hai dato modo a tutti i visitatori di TOROWeb di capire il vero significato della nostra “Valle du Canne” con una spiegazione molto approfondita e esauriente (Clicca e leggi l'articolo), sarebbe altrettanto piacevole se facessi lo stesso anche per un’altra parte del nostro paese che è stata accennata da poco, e cioè il Barbacane. Grazie. Torese.
Grazie a te, Torese, per la domanda sul Barbacane.
Personalmente ho sempre pensato che il Barbacane sia uno dei nostri elementi distintivi, così come il nome Mercurio. Se ci pensiamo, solo noi toresi abbiamo parenti, amici, conoscenti che portano questo bellissimo nome. Anzi - per restare al nostro sondaggio - direi proprio che siamo toresi perché molti di noi si chiamano Mercurio. Stesso discorso per un altro nome raro, il barbacane, come ben segnalato da Giannantonio Evangelista, quando scrive: “Sei torese se sei tra i pochi in Italia (e sottolineo in Italia) a cui la parola varvacane (Barbacane) è familiare” (Clicca e leggi la raccolta di frasi del sondaggio). Giannantonio ha ragione. Non solo questo nome raro è molto familiare a noi toresi, ma lo è in maniera esclusiva: nel senso che chiunque di noi, come Giannantonio, è portato a dubitare che ci siano molti italiani, a parte noi toresi, ad avere tanta e tale dimestichezza con tale termine. Intendiamoci, barbacani ce ne sono anche altrove, ma probabilmente non fanno da perno dell'abitato e della vita cittadina come nel nostro paese.
Non per nulla, in diversi amici scegliemmo il nome de “Il Barbacane” per intitolare una ventina di anni fa il circolo scacchistico torese, che aveva sede proprio al Barbacane, o burocraticamente in via Marconi, come avevano dovuto ribattezzarlo ufficialmente i nostri amministratori comunali, durante il Fascismo. Burocraticamente: perché è vero che, per l’imposizione di Mussolini ai comuni italiani di intitolare vie importanti di ogni città a Guglielmo Marconi, da allora non c’è più via del Barbacane a Toro, ma andate a dirlo ai toresi, che n’coppe u varvacane si chiama via Marconi! Come minimo vi accoglieranno con un sorriso di commiserazione.
Nei primi anni Novanta, il circolo “Il Barbacane” di Toro ha vissuto belle stagioni di sano agonismo scacchistico e portato in giro per il Molise e anche un po’ per l’Italia il suo nome curioso, su cui spesso i nostri avversare a tavolino o per corrispodnenza ci chiedevano conto. A dire la verità, ipotizzammo anche un’apertura scacchistica, cioè un modo in cui impostare la partita che chiamammo “Il Barbacane”. Per chi mastica di scacchi, e a Toro ce ne sono molti, sono queste le prime quattro mosse con il Bianco: un passo del pedone del Cavallo di Re, Alfiere in fianchetto, Cavallo in f3 e arrocco, disinteressandosi del centro. Mosse di difesa, naturalmente. Purtroppo, per dare un nome ufficiale a un’apertura ci vuole un grande campione che l’adotta e che vince grazie ad essa, imponendola all’attenzione e allo studio degli scacchisti di tutto il mondo. In mezzo a noi c’erano dilettanti di buon livello, niente di più. Così resta un sogno vedere la partita “Barbacane” riconosciuta come tale dalla federazione scacchistica nazionale e internazionale.
Ma veniamo più direttamente alla tua domanda sul vocabolo curioso, che rispetto al “Vallo del Khan”, propone difficoltà interpretative senz’altro inferiori.
A “barbacane” sono assegnati sostanzialmente due significati.
1. Opera difensiva in muratura, spesso un semplice terrapieno, che funge anche da sostegno alle mura di cinta dell’abitato o del fortilizio.
2. Fortezza con feritoie per poter colpire il nemico in sicurezza, al fine di proteggere il castello vero e proprio o la porta della città (famoso il Barbacane di Varsavia). Grazie a questa seconda accezione, il termine poi è passato a significare strutture fortificate le più varie...
Ora nel caso del Barbacane di Toro, non c’è dubbio che siamo alla presenza di un barbacane del primo tipo: opera difensiva in muratura e sostegno alle mura di cinta dell’abitato. Sia se vogliamo intendere per barbacane il “torrione” alla base del campanile. Sia se vogliamo intendere la muratura che rafforza il sottostante strapiombo delimitato dalla imponente ringhiera in ferro battuto (ammirabile manufatto dovuto all’abilità del fabbro torese Giuseppe Iacobacci, che lo realizza negli anni Venti del secolo scorso). Sia, infine, se vogliamo intendere la struttura che li comprende entrambi. Il Barbacane di Toro è un complesso di opere di sostegno alle mura di cinta, e al campanile e all’abside della chiesa, che sono parte integranti delle mura di cinta, che proprio al Barbacane avevano una delle due porte di accesso al paese, Porta del Piano, mentre l'altra, detta Porta da Piedi, era sita nell'attuale Piazzetta Coste San Rocco.
Della Porta del Piano sul Barbacane testimoniano ancora gli anziani del paese che ripetono dai loro antenati la notizia di una catena di ferro che delimitava a sera l'entrata del borgo antico. Assicurano gli anziani che questo catena veniva legata a uno degli enormi anelli di ferro infisso nel torrione alla base del campanile ancora esistente. Vero è che la storica Porta del Piano crollò con il terribile terremoto del 26 luglio 1805 e non si ritenne di riedificarla perché anacronistica e perché l'abitato aveva da secoli oltrepassato lo storico recinto originario.
Barbacane: perché un nome così curioso? Per gli accademici della Crusca, si tratterebbe di una “Voce araba, e secondo alcuni composta da bar-bab-khanch“. Mentre il redattore della voce di Wikipedia sostiene che Barbacane è un termine francese con la stessa radice di barbacana (spagnolo), barbacao (portoghese) e barge-kenning (anglosassone), composto dal termine bergen (coprire, porre al sicuro) e kenning (scorgere, vedere). In questo caso, però, è evidente il riferimento specifico solo alla seconda accezione del termine.
Tornando al Barbacane torese, non è affatto semplice rintracciarlo nelle antiche carte. Di qui, l’ipotesi che la denominazione sia apparsa solo nell’Ottocento, quando si è assistito a un imponente intervento toponomastico che ha portato, tra l'altro, a dare un nome alle decine di rue site in Via di Sopra e Via di Sotto, le quali - salvo due o tre casi - fino alla seconda metà dell’Ottocento erano sprovviste di nome proprio ed erano identificate genericamente come “Una rua” di Via di Sopra o di via di Sotto.
Invece no. A ben ricercare, l’uso del nome Barbacane a Toro è anteriore all’Ottocento e, sia pure raramente, lo si trova anche nei documenti ufficiali dei secoli precedenti: libri dei battesimi, dei morti, dello stato delle anime (che erano una sorta di censimenti annuali che i parroci erano tenuti a fare a Pasqua in occasione della benedizione delle case), strumenti e protocolli notarili, libri dei conti comunali e delle varie confraternite... Lo spoglio di centinaia di documenti e di migliaia di indicazioni topografiche cinque, sei e settecenteschi, permette di imbattersi nel barbacane solo in tre circostanze: salvo migliori verifiche, una volta in un documento seicentesco e due volte a un secolo esatto di distanza.
- Nel Catasto di Toro del 1643, che è il più antico dei sei catasti conservati presso l’archivio comunale, è registrato che Mercurio Francalancia di Silvestro, tra gli altri beni, possedeva due “membri” di casa (due vani, in dialetto due asce con la "sc" dolce) al Borgo e una stalla “Sotto il Barbacane”.
- Il Catasto onciario del 1742, che è invece il più recente dei catasti storici dell’archivio comunale, attesta che Nicolò Capalozza di Carlo, fabbricatore di 46 anni possedeva una giumenta, due scrofe, trentacinque ovini, nove trentali e mezzo di vigna, terreni vari, e cinque vani al Barbacane (scritto “Barbacale”).
- Nello stesso documento si legge che Paolo Serpone di Giuseppe, falegname quarantasettenne, possedeva, tra l’altro, una cantina “giusta le muraglie del Barbacane”.
Si tratta, come si vede, di un nome antico, consolidato dall’uso plurisecolare, non una trovata estemporanea di qualche galantuomo ottocentesco, un Trotta o un Magno tanto per intenderci, in vena di esibire conoscenze linguistiche curiose. E la rarità dei documenti si spiega benissimo con l’inaccessibilità del luogo che non permetteva di costruire n’coppe u varvacane e sconsigliava di farlo sott’u u varvacane, in tempi in cui era preferibile abitare e avere le pertinenze entro la cinta muraria.
A rinforzare l’ipotesi che il termine sia molto antico ci pensa la fonetica. Come già ricordato, Barbacane in torese si dice varvacane, grazie a un fenomeno tipico dei dialetti di area napoletana che muta la “b” in “v”. Per esempio a Toro, ma non solo a Toro si dice: vatteià per battezzare, vócche per bocca, vove per bove, varde per barda, vesazze per bisaccia; varjle per barile, vrucchele per broccoli, veiate per beato, vosche per bosco, vasce per bacio, vasse per basso, velance per bilancia ecc. ecc. Com’è facile osservare, questa mutazione non avviene sempre (per esempio, bello/bella è bbille/bbèlle, e il bando è u bbanne) e chiaramente non è avvenuto con termini di recente introduzione (per esempio “banana”). Non solo, ma le parole dialettali con la “b” mutata in “v” tendono via via a perdere questa caratteristica e a italianizzarsi con il passare degli anni. Ce ne rendiamo conto con parole come “battere” o “barca” (chi è che dice ancora come un tempo vatte come nel proverbio - se n’ze pò vatte u ciucce, ze vatte ‘a varde - o varche?). Ce ne rendiamo conto in particolare con la parola barba. Fino a qualche decennio fa gli anziani dicevano che “z’avjvene fa’ ‘a varve” (“Si dovevano far la barba”). Ma oggi è molto raro sentire parlare di varve. E diciamo “Me so’ ffatte ‘a barbe” (“Mi son fatto la barba”, rafforzando la “b” iniziale). Per il barbacane, invece, questo non è accaduto. Nasce come varvacane e ciò dimostra che l’uso della parola è antico ed è popolare, perché se fosse stato un nome altisonante imposto da un galantuomo letterato di fine Ottocento, sarebbe stato recepito senza che il popolo mutasse le “b” in “v”. Invece, l’uso del termine risale a diversi secoli fa, di qui la perfetta resa dialettale. E non si è italianizzato. U varvacane era, e tale resterà, credo, almeno finché il nostro dialetto continuerà ad avere qualche sua tipicità, che però è già stata fortemente intaccata e lo abbiamo visto e lo vediamo ogni giorno, per esempio, se pensiamo alle vocali tipiche, come la “u” di Mercurio, che le nuove generazioni non riescono sempre a pronunciare.
Per concludere in modo degno, e per suffragare queste povere indicazioni linguistiche, ludiche, etimologiche e storiche con suggestioni poetiche, mi piace riportare i versi davvero molto evocativi di Sotto il Barbacane, la lirica che dà il titolo alla raccolta di Nicola Iacobacci (Toro, 1935), edita da La Prora, a Milano nel 1976. Sono versi che affidano alla carta i ricordi infantili del poeta, a ridosso della Seconda Guerra Mondiale. La Toro di Nicola Iacobacci, un paese povero e contadino, non esiste più. Lo si potrebbe credere un paese di favola. Invece era un paese vero. Il paese in cui i più anziani in mezzo a noi hanno vissuto gli anni più belli della loro vita.
Sotto il barbacane
Spighe di granturco
arrostite sulla brace
tra due pietre di lava
e un boccale di latte
per la mia gente
santa come il patrono
che porta in processione
sotto il barbacane.
E alle finestre cestelli di papavero
per i bimbi che piangono
al latrare dei cani
nelle notti di piovasco.
E la mia gente pesca ancora
con l'erba tritata sui sassi
e gonfia la pelle dei ricci
masticando radici di liquirizia.
Giovanni Mascia
Nota: Foto di Giuseppe Bozza, Gloria Di Gironimo e dell'archivio di ToroWeb. Si prega di citare la fonte in caso di utilizzazione del testo e delle foto. Questo articolo è protetto da diritti Creative Commons.
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Postato il Mercoledì, 21 gennaio 2009 @ 07:33:48 di giovanni_mascia |
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